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Papa Leone XIV, la speranza di Cristina Scuccia.

Sapere che il nuovo Papa Leone XIV ha una formazione in diritto canonico fa riflettere: si spera che ciò non comporti un approccio troppo rigido, ma che possa lasciarsi guidare dall’unica legge che non impone vincoli: l’Amore. È un tema sensibile, avendo vissuto in un contesto dove la regola era anche uno strumento per incontrare Dio. Tuttavia, si impara che a volte, allontanandosi da certe rigidità, si può incontrarlo in modo più autentico, nella libertà. Le regole hanno valore solo se custodiscono e fanno crescere l’amore fraterno, non se lo soffocano.

Riguardo al nuovo Pontefice, l’ex religiosa è cauta: è ancora presto per esprimere un giudizio completo su Papa Leone XIV, ma il suo saluto iniziale di pace ha colpito profondamente, tracciando la direzione del pontificato fin da subito. Nella prima celebrazione con i cardinali ha messo in luce la mancanza di fede, che spesso si accompagna a un senso di smarrimento esistenziale, specie tra i più giovani. L’esperienza missionaria del Papa fa sperare in uno sguardo rivolto non solo ai fedeli, ma anche a chi si è allontanato da Dio e porta dentro di sé dolore o rabbia.

Il momento dell’elezione è stato emozionante. La fumata bianca ha suscitato brividi, e vedere il Papa visibilmente toccato dall’emozione ha commosso. Ciò che accade in quel momento non è frutto di una scelta personale, ma di un disegno più grande. Chi si ritrova investito da una responsabilità così alta ha bisogno di molta preghiera. In quei momenti si percepisce quanto siamo piccoli davanti a Dio, e proprio in quella piccolezza, se consegnata a Lui, possono nascere grandi cose.

Il fatto che sia il primo Papa nordamericano non ha un valore particolare. Non si è mai dato peso alla provenienza geografica del nuovo Papa. Piuttosto, si spera che sia una guida capace di costruire ponti, come affermato fin dal primo intervento. È importante che ricordi sempre, e ci ricordi, che la Chiesa è madre: una madre che accoglie, specialmente chi è più lontano.

A sentirla parlare della Chiesa con tanto amore, ci si chiede se ci sia mai stato un ripensamento sulla scelta di abbandonare il percorso ecclesiastico per tornare alle cose del mondo. Non si parla di ripensamento, ma di nostalgia. Anni trascorsi in comunità religiosa sono da custodire come un ricordo prezioso. Lasciare la vita religiosa non è stato facile, ma è stata una scelta maturata con profondo discernimento, sia umano che spirituale. È stata un’esperienza di auto-riflessione prima di prendere quella decisione. Nulla è da rinnegare: ogni passo, anche il più doloroso, ha condotto a una forma diversa, ma autentica, di fedeltà a se stessi e a ciò in cui si crede.


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