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Andrea Sempio: elementi contro di lui e cambio di versione.

Andrea Sempio nel 2008 si sentì male durante il secondo interrogatorio, circostanza che non era stata messa a verbale. Si guarda anche a dei manoscritti del nuovo indagato per il delitto di Garlasco: alcuni sembrano avere a che fare con il delitto, anche con la fase esecutiva.

«Ovviamente è logico-fattuale che l’impronta sulla parete delle scale appartenga all’assassino».

I carabinieri della squadra Omicidi di Milano lo scrivono all’allora procuratore aggiunto di Pavia. È il 7 luglio 2020. Quattro anni fa. Ma nessuno chiede loro di indagare.

Quell’impronta palmare «reperto numero 33», raccolta dagli specialisti del Ris nel corso delle indagini del 2007, non aveva mai portato a un nome. Perché la consulenza tecnico-scientifica alla voce «utilità» aveva riportato un laconico: «Nessuna». E così la «firma dell’assassino» sulle scale di casa Poggi, dove è stato gettato il corpo di Chiara, era rimasta lì immobile. Per diciotto anni.

Ora quella traccia in fotografia impressa sul muro, secondo i pm di Pavia, ha un nome: Andrea Sempio. Lo dice una consulenza firmata dall’esperto del Ris e da un dattiloscopista forense che ha individuato «15 minuzie» sovrapponibili a quelle del 37enne.

Il «match» che per i pm colloca Sempio, amico di Marco Poggi, in un punto «molto prossimo al cadavere di Chiara». A metà dei gradini dove solo l’assassino può essere sceso quel giorno: «In prima battuta l’identificazione dattiloscopica dell’impronta numero 33 con il palmo della mano destra di Sempio è stata accertata con l’unico cartellino presente in banca dati e assunto mediante scansione ottica — scrivono gli esperti nella loro relazione —. Al fine di confermare la riproducibilità di tutte le minuzie riscontrate, e l’assenza di artefatti, si riteneva opportuno richiedere un’ulteriore acquisizione delle impronte papillari di Sempio mediante la tecnica dell’inchiostrazione». Il famoso secondo prelievo, delle impronte, che venne motivato come un errore dei carabinieri che avevano fatto il primo. E invece era un modo per avere una conferma, con altra tecnica, di un dato che avrà un peso notevole nell’inchiesta.

«Quest’ultima reiterata in sette esemplari confermava in maniera univoca la corretta acquisizione mediante scanner ottico e, conseguentemente, l’identificazione della stessa con il palmo destro di Sempio Andrea». Queste conclusioni sono state mostrate in apertura di interrogatorio sia a un condannato definitivo che ora spera in una revisione del processo, sia al fratello della vittima. Insieme a una serie di manoscritti di Sempio sequestrati nella spazzatura e non solo. Alcuni sembrano avere a che fare con il delitto, anche con la fase esecutiva. In uno l’indagato scrive: «Ho fatto cose così brutte che nessuno può neanche immaginare».

Parole che avrebbero letto anche Sempio e i suoi legali se si fossero presentati in procura. Ma a sorpresa il nuovo indagato ha scelto di non presentarsi a Pavia. Secondo i legali c’era un difetto «formale» nell’avviso inviato dai pm per l’interrogatorio. Mancava la «lettera d» dell’articolo 375 del Codice di procedura penale, la parte sull’avviso che in caso di mancata presentazione gli inquirenti avrebbero potuto chiedere «l’accompagnamento coattivo» dell’indagato.

Questione formale sollevata però solo dopo un’ora e mezza di attesa a vuoto dei pm. Strategia anticipata non a mezzo Pec, ma attraverso una comunicazione social dall’avvocato: «Guerra dura senza paura». Nel frattempo davanti ai pm Alberto Stasi dice di non aver mai conosciuto Sempio, che Chiara non gliene ha mai parlato.

Marco Poggi, invece, di fronte al match dell’impronta tra l’amico e il possibile assassino, ha un sussulto. Poi però dice, a differenza di quanto messo a verbale un mese fa, che forse Andrea non frequentava solo la stanza del pc e la sala tv, ma può essere che sia sceso anche in cantina. Un ricordo che però non aveva mai avuto.

L’aggiunto e i pm hanno scoperto che all’epoca del secondo interrogatorio, nel 2008, le cose non andarono come vennero messe a verbale. Il 20enne si era sentito male davanti alle domande dei carabinieri. Era stata chiamata un’ambulanza. Un intervento di 40 minuti, poi Sempio si era ripreso. Ma nessuno lo aveva mai riportato nel verbale. Né i due carabinieri che firmarono il verbale si sono ricordati di dirlo ai pm quando sono stati sentiti alcune settimane fa.


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