«Tacere le armi significherebbe arrendersi».

Un gruppo eterogeneo composto da blogger militari, oligarchi ultra-ortodossi e radicali di destra critica le recenti decisioni del Cremlino e sostiene che l’esercito russo debba continuare a combattere fino alla vittoria.
Né Kiev, né Washington, né l’Europa intendono accettare una sconfitta. I nazionalisti radicali russi si oppongono ai colloqui di pace tra russi e ucraini, criticano le scelte del Cremlino e desiderano che l’esercito di Mosca continui a combattere fino alla vittoria. Questi gruppi sognano di vedere la bandiera russa sventolare anche a Odessa e Kiev, e alcuni dei più ottimisti immaginano di vederla nei cieli dei Baltici e della Polonia.
L’oligarca Konstantin Malofeyev, proprietario di Tsargrad tv e sostenitore del restauro dell’impero zarista, ha dichiarato che «la guerra continuerà per la liberazione della Novorossiya» mentre il team negoziale russo si recava in Turchia. I blogger militari nazionalisti temono che il Cremlino possa cedere, desiderando invece un ampliamento del fronte attuale.
«Ci stiamo arrendendo»: così ha affermato Pavel Gubarev, ex leader della repubblica popolare di Donetsk, facendo eco alle voci che si oppongono a un qualsiasi cessate il fuoco.
Milizie digitali
Le milizie digitali Z, che usano la stessa iniziale dei carri armati al fronte, hanno criticato le autorità per le ritirate in Ucraina e per la situazione in Siria. Queste milizie, attive sui social dal 2022, sono diventate utili per il Cremlino nel plasmare l’opinione pubblica e mantenere il morale, ma si oppongono a qualsiasi compromesso con l’Occidente.
I patrioti Z sono insoddisfatti anche delle offerte fatte a Trump dopo la sua elezione, considerandole un «dogovornyak», cioè uno “sporco accordo” con gli Stati Uniti.
Il partito della guerra
Il governo e la Duma ospitano molti falchi del partito della guerra, con frange di rappresentanza anche tra le agenzie di intelligence. Dmitry Medvedev, ex presidente, ha assunto un tono bellicoso nei confronti dell’Occidente.
Tuttavia, i nazionalisti sono consapevoli di non essere esenti dalle purghe russe. La legge contro chi «discredita le forze armate russe» si applica anche a loro, come dimostra il caso di Igor Girkin, arrestato e attualmente in carcere, che continua a incitare alla guerra dai social.
Un altro caso emblematico è quello di Prigozhin, il capo della compagnia Wagner, che ha subito una sorte ancora più drammatica.
Queste figure, pur essendo fondamentali per la propaganda bellica, sono ora sotto osservazione da parte delle agenzie di sicurezza. Non rappresentano una minaccia diretta per il governo, ma non sono completamente sotto il suo controllo. Gli ufficiali temono che possano diventare un problema durante i futuri negoziati di pace, quando sarà necessario silenziare le voci contrarie.
Putin, percepito come contraddittorio ma non debole, cerca di porre fine al conflitto alle sue condizioni, dovendo trovare un accordo non solo con gli ucraini e gli occidentali, ma anche con i radicali interni.