Stalin e Roosevelt: la scissione dell’Europa.

Mesi fa, in occasione dell’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, si è discussa l’idea che a festeggiare questa vittoria sul Vecchio continente fossero solo potenze occidentali. Questo non è un fenomeno nuovo, poiché, per tutto il dopoguerra e fino all’esistenza dell’Urss, l’Occidente ha spesso dato l’impressione di aver vinto la guerra contro il nazismo da solo, presentando la vittoria come ottenuta in nome della libertà e della democrazia, senza riconoscere i complessi legami che l’hanno caratterizzata. La guerra era infatti iniziata per difendere la Polonia dall’aggressione nazista e si era conclusa con un regime stalinista in Polonia, mascherando così una alleanza tra potenze diverse, unite contro un nemico comune.
Questo discorso diventa più complesso se si osserva come, tra la fine del 1941 e l’inizio del 1943, Inghilterra e Stati Uniti abbiano perso l’occasione di negoziare con Stalin da posizioni di forza, stabilendo i confini postbellici. I successi militari sul fronte orientale, con un elevato costo di vite umane, hanno contribuito a incrementare il potere di Stalin, controllando così l’Europa orientale, compresa la Germania orientale.
Le divergenze tra Churchill e Roosevelt hanno ulteriormente facilitato la supremazia stalinista. Roosevelt, infatti, percepiva l’approccio britannico come imperialista, in contraddizione con l’ideale di una democrazia universale. Questa convinzione ha portato il presidente americano a sottovalutare le ambizioni di Stalin, abbinando una visione idealistica della diplomazia a una sottovalutazione della situazione europea.
Churchill, pur avendo una storia di anti-bolscevismo, giunse anch’egli a una visione errata di Stalin come uomo di pace, sviato dalla retorica della guerra. Anche quando riemerse l’idea delle “sfere di influenza”, la “resa incondizionata” della Germania mostrava un disprezzo per l’Europa orientale, considerata trascurabile di fronte alla sconfitta tedesca, vista come un passaggio necessario per stabilire un nuovo ordine mondiale.
Ciò ha portato a decisioni strategiche che escludevano Berlino dagli attacchi pianificati, assumendo implicitamente che il consenso di Washington fosse scontato. Decisivi eventi successivi hanno messo in luce l’equilibrio di potere che si stava creando, con una crescente influenza sovietica nell’Europa orientale, come previsto da alcuni osservatori già all’epoca della guerra.
Successivamente, chi ha preso il posto di Roosevelt ha dovuto affrontare i frutti di quelle scelte, vedendo Stalin tornare a essere una minaccia. Da allora, la questione della Russia in Europa ha mantenuto la sua rilevanza, svolgendo un ruolo significativo anche dopo il crollo dell’Urss e la fine del comunismo, con le promesse non mantenute riguardo all’espansione della Nato che hanno riacceso tensioni e nazionalismi.
Il conflitto attuale in Ucraina trova dunque radici in queste dinamiche storiche, rivelando come le scelte politiche e gli errori strategici del passato continuino a influenzare il presente.



