Storia

Senso di colpa post-bomba: riflessioni e opinioni

Negli anni ’90, un importante progetto editoriale è stato lanciato con le edizioni di Linea d’ombra. La collana «Aperture» iniziava con un testo di Tolstoj sul denaro, seguiva con Aldo Capitini sulla nonviolenza e includeva scritti di Heinrich Böll e Marco Lombardo Radice. Questa sensibilità editoriale sapeva riportare alla luce titoli trascurati. Tra i recuperi significativi c’è Il pilota di Hiroshima, un libro tradotto trent’anni prima, che raccoglie la corrispondenza tra il filosofo Günther Anders e il maggiore americano Claude Eatherly, responsabile dell’ordine per l’Enola Gay. Questo libro è un’importante testimonianza a ottant’anni dal 6 agosto 1945, quando la prima bomba atomica causò la morte immediata di 71 mila persone.

Il saggio di Anders, L’uomo è antiquato, esplora il paradosso del «dislivello prometeico» tra l’uomo e la tecnologia: la nostra incapacità di governare le macchine che creiamo. Questa prospettiva è ancora più attuale nell’era dei social e dell’intelligenza artificiale. Il carteggio su Hiroshima affronta temi di responsabilità morale e «colpa inconsapevole» per chi partecipa ad eventi senza comprenderne le conseguenze. La storia di Eatherly è nota: dopo il bombardamento, si dimise dall’esercito e rifiutò premi, cercando sollievo nel disprezzo collettivo che non arrivò. Fu afflitto da incubi notturni, tentò il suicidio e finì in un ospedale psichiatrico. Lo scambio con Anders nel 1959 rifletteva la sua infelicità legata alla mancanza di espiazione, rimanendo un “malato” anziché un “colpevole”. La sua sofferenza si placò quando i sopravvissuti lo riconobbero come una vittima di Hiroshima. È necessario riflettere su Eatherly e su chi oggi continua a infliggere danni, consapevole delle conseguenze.


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