Storia

¡Que viva México! Le identità uniche di LA.

Los Angeles ha manifestato il suo rifiuto alle forze di occupazione, con una grande affluenza di persone nelle strade del centro, nonostante i recenti coprifuochi. Manifestazioni simili si sono svolte in varie località della città, scelta dai sovranisti come esempio di dissenso nei confronti di un progetto autoritario. Una mongolfiera a forma di Trump ha sorvolato la folla, circondata da cartelli e migliaia di bandiere, tra cui quelle della California Republic e delle squadre locali, oltre a molte stelle e strisce, alcune con riferimenti alla rivoluzione del 1776. Il tricolore messicano è diventato simbolo di questo movimento.

La bandiera messicana è espressione di solidarietà con le vittime delle ingiustizie e degli arresti da parte delle forze dell’ordine. Questa bandiera rappresenta molti degli immigrati che rischiano deportazioni sommarie, minacciando vite costruite con anni di lavoro.

In una metropoli a maggioranza ispanica, dove un milione e mezzo di persone vive in famiglie “miste”, il tricolore è parte integrante della vita quotidiana. La sua presenza è paragonabile alla toponomastica spagnola, alla musica norteña che risuona dalle autoradio, e alle bancarelle di tacos disseminate per la città.

Occasionalmente, si solleva polemica sulla presenza di una bandiera straniera su suolo americano, soprattutto in un contesto di criminalizzazione che giustifica il timore di una sostituzione etnica. Non sorprende che tale paura venga sfruttata da chi alimenta la xenofobia.

Critiche giungono anche da intellettuali che vedono come “controproducente” l’esibizione di una bandiera straniera, ritenendo che possa apparire come mancanza di patriottismo. Queste posizioni tendono a ridurre il dibattito a un terreno nazionalista. Nel 2006, un vasto movimento per la riforma dell’immigrazione ha visto milioni di persone in piazza che, per non urtare le sensibilità nazionali, hanno mostrato principalmente le stelle e strisce, con scarso successo in termini di risultati concreti.

La polemica sulla slealtà patriottica, un metodo tradizionale dei despoti, appare inappropriata negli Stati Uniti, dove le identità plurali sono la norma. La realtà del sudovest americano, che include stati come California, Arizona, Nuovo Messico e Texas, è complessa, caratterizzata da una storia di meticciato e da una cultura bilingue. Per i circa 50 milioni di ispanici che vi abitano, le frontiere non sono più passaggi da superare, ma elementi che attraversano l’identità quotidiana. Qui, la dualità è accettata e integra, rendendo inadeguate le richieste di lealtà nazionale che non considerano le dinamiche profonde di una comunità ormai consolidata. In un contesto soggetto a continui scambi culturali, anche le bandiere coesistono pacificamente, come dimostra il tifo sportivo, in cui i tifosi di seconda e terza generazione ritornano a mostrare con orgoglio la bandiera dei propri antenati.

Il rapporto con la squadra di baseball dei Dodgers è emblematico: il loro stadio è stato costruito su un ex quartiere messicano, ma oggi i tifosi ispanici sono predominanti e il team celebra la cultura messicana con eventi speciali. Tentare di rimuovere la bandiera messicana da Los Angeles sarebbe come vietare altre tradizioni culturali ben radicate.

Los Angeles si presenta come una grande metropoli “sudista” del Nord America, dove la vasta popolazione ispanica, che sostiene che “nessuno è illegale su terra rubata”, continua a prosperare mantenendo la propria identità. La bandiera messicana simboleggia tutto questo, rappresentando un’alternativa inaccettabile per chi abbraccia un suprematismo riduttivo. La città non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua bandiera.


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