Polonia: 81 anni dall’insurrezione di Varsavia, omaggi agli eroi.

L’insurrezione di Varsavia scoppiò il primo agosto 1944 alle ore 17.00, conosciuta come l’“ora W”.
Obiettivo dell’azione: liberare la capitale polacca dall’occupazione tedesca prima dell’arrivo dell’Armata Rossa. Per 63 giorni, il movimento di resistenza polacco, composto da giovani, donne e anche bambini, combatté senza sosta.
Sebbene si concluse con una sconfitta militare e la quasi totale distruzione della città, la rivolta divenne un simbolo di coraggio, sacrificio e patriottismo.
In occasione dell’81esimo anniversario si tengono cerimonie commemorative in tutto il Paese.
A Varsavia, il ricordo ha un carattere speciale: alle 17, alla Rotonda Dmowskiego, saranno accesi fuochi d’artificio e, nella Piazza del Castello, i cittadini formeranno il simbolo della Polonia Combattente. Bandiere biancorosse con l’emblema dell’ancora saranno esposte sull’edificio dell’ex Società telefonica polacco-mista di via Zielna, conquistato dagli insorti il 20 agosto 1944.
Le celebrazioni principali si svolgeranno al cimitero militare di Powązki, presso il monumento Gloria Victis, con la partecipazione di veterani, scout e rappresentanti delle autorità.
Una battaglia drammatica per la libertà e l’onore
Tra le 40mila e le 50mila persone parteciparono all’insurrezione. Il più giovane aveva appena nove anni.
Dopo lo scoppio della rivolta, l’Armata Rossa interruppe la propria avanzata e non fornì aiuto. Il sostegno degli Alleati occidentali si limitò a pochi lanci aerei, che ebbero scarso impatto sul corso dei combattimenti.
Malgrado l’inferiorità numerica e la scarsità di armi e munizioni, gli insorti resistettero per due mesi contro le forze tedesche. La capitolazione avvenne il 3 ottobre 1944.
Fu la più grande insurrezione armata organizzata da un esercito clandestino nell’Europa occupata. Morirono circa 18mila insorti e 25mila rimasero feriti. Le perdite tra i civili furono devastanti: circa 180mila vittime. Quasi mezzo milione di persone furono deportate da una Varsavia in macerie, quasi completamente distrutta dai nazisti.
Uno storico sottolinea che la rivolta non fu un atto di disperazione, ma una scelta necessaria: “Anche se non ci fosse stata la rivolta, l’effetto sarebbe stato lo stesso. La città non sarebbe stata distrutta, ma sarebbe diventata un cimitero. Senza la rivolta non avremmo quella motivazione storica che ogni generazione eredita: che è necessario combattere, anche quando non c’è speranza di vittoria.”
Un ricordo della rivolta
Un partecipante alla rivolta ricordò di avere 15 anni quando si unì come esploratore e ufficiale di collegamento. Venne a conoscenza dell’ordine di combattere solo poche ore prima dell’inizio. La mancanza di armi e munizioni fu, ricorda, “la cosa più spaventosa”.
“Contavamo sull’aiuto dell’Occidente e sull’avanzata dell’Armata Rossa, ma quell’aiuto non arrivò.” Dopo la resa, fu deportato in un campo di concentramento, da cui venne liberato nel 1945.
La memoria dell’insurrezione rappresenta non solo un tributo al passato, ma anche un impegno per il futuro: “Viviamo questa tradizione non per piangere, ma per ricordarci che, se sarà necessario, anche noi dovremo stringere i pugni e avanzare verso il nemico.”
In risposta a domande sulla resistenza attuale, fu affermato che “Sì, ne sono convinto. Siamo patrioti, amiamo la nostra patria. Se sarà necessario combattere, lo faremo. La Polonia non è l’aggressore.”
Allo stesso tempo, si mette in guardia sull’inerzia europea: “Credo che l’Europa si stia armando troppo lentamente e stia reagendo con ritardo alla minaccia.”
E si conclude citando il motto degli scout polacchi: “Sii pronto. È sempre attuale.”