Storia

Ottanta anni dopo, risarcimento di 270 mila euro per torture.

La storia dell’ex bersagliere Carlo Palatresi di Cerreto Guidi, sopravvissuto a due campagne, ai nazisti dopo l’armistizio e a mezzo secolo di battaglia legale.

Il governo fascista lo manda a combattere in Albania, poi nella campagna di Russia e sopravvive – miracolosamente – anche a quella. Torna e dopo l’armistizio del ’43 si rifiuta di combattere ancora per l’asse nazifascista: i tedeschi lo prendono e lo deportano in un lager in Germania. Sopravvive anche a quello.

Al bersagliere Carlo Palatresi, 22enne nato a Cerreto Guidi, non era stato riconosciuto il diritto al risarcimento in quanto fino al 2022 non erano riconosciuti i danni morali. Ora, dopo 20 anni dalla morte, i due figli ottengono giustizia e riabilitazione: il Tribunale di Firenze ha riconosciuto loro 270 mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione e torture subite dal padre.

È la prima sentenza in Toscana che vede riconosciuto a un militare il risarcimento delle vittime del Terzo Reich, grazie al Fondo governativo. I due figli ora potranno fare richiesta di accesso al Fondo del Mef.

La storia di Carlo Palatresi

Carlo Palatresi tornò in Italia dopo che gli alleati liberarono tutti i prigionieri dei vari campi nazisti. Dopo ulteriori vicissitudini, alla fine dell’estate del 1945 torna finalmente in Toscana. Si sposa e mette al mondo due figli che oggi hanno tra i 65 e i 70 anni. Morirà nel suo letto nel 2005.

Ai due figli, rappresentati dall’avvocato Diego Cremona, i giudici hanno riconosciuto 135mila ciascuno per l’ingiusta detenzione e le torture subite dal padre. Era uno degli Imi, (Internati militari italiani) deportati nei territori della Germania nazista in seguito all’armistizio, perché considerati traditori, vista la loro opposizione a riprendere le armi per la Repubblica di Salò.

Al momento dell’armistizio, Italia e Germania non si potevano considerare formalmente in guerra, cosicché i soldati italiani furono catturati e internati sotto un regime legale non convenzionale. Dopo la creazione della Repubblica Sociale, il 70% degli ufficiali e il 78% dei soldati internati non prestarono giuramento a Mussolini, rimanendo fedeli al giuramento fatto al Re.

Nell’estate del 1944, con l’incontro fra il dittatore tedesco e quello italiano in Germania, Mussolini ottenne da Hitler la conversione degli Imi in «lavoratori civili», mitigandone le condizioni di vita. Tuttavia, non fu concesso loro di rientrare in Italia e continuarono a lavorare in Germania nei campi e nelle fabbriche fino alla liberazione.

In 500 mila riuscirono a sopravvivere. Gli studi stimano che tra i 47 e i 51 mila non fecero ritorno.


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