Storia

Oriente Occidente di Rampini: la resa del Giappone e la parata di Xi

Oggi leader mondiali sono presenti a Pechino per la Parata della Vittoria, celebrando gli 80 anni dalla capitolazione del Giappone. Il discorso ufficiale presenta una versione revisionista della storia, ridimensionando il ruolo degli americani e enfatizzando la Resistenza cinese contro l’imperialismo nipponico. Anche la presenza di Putin deve affrontare un ruolo secondario per l’Unione Sovietica. Il comunicato del governo sottolinea il sacrificio di 35 milioni di morti, rappresentando un terzo delle vittime complessive della Seconda guerra mondiale.

La riscrittura della storia non è una novità né in Cina né in altri regimi autoritari. Va però notato che l’Occidente tende a considerare la seconda guerra mondiale come un evento isolato, mentre per la Cina è solo l’epilogo di un conflitto più ampio, iniziato nel 1931 con l’invasione della Manciuria. Durante questo periodo, i cinesi hanno affrontato l’occupazione giapponese in modi diversi, con alcuni che combattevano, altri che collaboravano e alcuni più interessati alla guerra civile interna.

Nel 1945, i cinesi non stavano vincendo la guerra, e la capitolazione del Giappone avvenne su una nave militare americana. Questa esigenza di riconoscere il contesto storico è importante nel considerare il nazionalismo celebrato a Pechino.

La resa del Giappone nella baia di Tokyo, il 2 settembre 1945, segna non solo la fine della seconda guerra mondiale, ma anche la conclusione di quindici anni di aggressione giapponese in Asia. Il luogo scelto dai vincitori americani sublima questo passaggio: nel 1853, il commodoro americano Matthew Perry aveva costretto il Giappone ad aprirsi al mondo, utilizzando come simbolo il fragile stendardo esposto durante la cerimonia del 1945, rappresentante non solo il passato, ma anche un futuro di apertura.

L’armada che entra nella baia di Tokyo il 2 settembre 1945 è imponente, composta da oltre 300 navi militari. La corazzata USS Missouri, varata nel 1944 e partecipante a battaglie cruciali, diventa il palco per la cerimonia di resa. Qui si trovano il generale americano MacArthur e i generali britannici e americani, che presero parte alla resa di Singapore e delle Filippine nel 1942.

Gli undici delegati giapponesi guidati dal ministro degli Esteri Mamoru Shigemitsu vengono circondati da marinai americani e rappresentanti alleati. La cerimonia viene trasmessa in tutto il mondo, facendo provare ai giapponesi un forte senso di umiliazione.

MacArthur accoglie i delegati giapponesi dietro un tavolo con i documenti della resa. Durante un breve discorso, esprime il desiderio che da quella cerimonia emerga un mondo migliore, libero da conflitti passati e impegnato nella dignità e giustizia.

Per i giapponesi, MacArthur inizia a rappresentare non solo il comandante delle forze di occupazione, ma diventa anche una figura quasi sovrana, instaurando una relazione complessa dove il carnefice si trasforma in maestro e protettore.

MacArthur trascorre oltre cinque anni a Tokyo, scrivendo una nuova Costituzione, imponendo riforme e avviando una “rieducazione” collettiva. L’imperatore Hirohito rimane in carica, ma relegato a simbolo, mentre MacArthur diventa un’autorità fondamentale nel paese.

Inizia un esperimento unico: una dittatura militare americana in un paese orientale. Sebbene possa generare resistenza, porta a una trasformazione profonda, con il Giappone che si avvia a diventare una potenza economica e tecnologica stabile.

Dopo il maoismo, il miracolo giapponese diventa il modello per la nuova classe dirigente cinese. Con Deng Xiaoping, la Cina inizia a seguire il «manuale» giapponese, anche se esclude alcuni aspetti clou dell’eredità di MacArthur come democrazia e disarmo.

2 settembre 2025, 12:42 – modifica il 2 settembre 2025 | 14:48


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