Non violenza e decolonizzazione: armi contro le guerre

Recenti iniziative pongono l’accento sulla necessità di trasformare la politica da un’esperienza puramente reattiva a una proattiva e utopica. Uno dei rischi odierni è considerare la politica solo in termini negativi, come capacità di frenare la distruzione, piuttosto che come strumento di cambiamento.
Quest’atteggiamento può indurre a vedere la politica come un semplice freno, quando invece occorrerebbe ripensarla come un acceleratore del cambiamento. L’iniziativa di intervenire nel blocco di Gaza dal mare può essere vista come una provocazione utopica. Essa mette in discussione un diritto marittimo contrapposto a un ordine giuridico terrestre, in un contesto in cui spesso la politica internazionale viene definita “geopolitica”.
Siamo di fronte a una logica novecentesca, dove non solo la guerra di Putin riguarda l’occupazione di territori, ma anche quella di Netanyahu sembra trasformarsi in una guerra coloniale. Non ci scandalizziamo più di fronte a termini che richiamano a una storia di cui dovremmo vergognarci, come il colonialismo.
Ci troviamo nella necessità di decidere chi rappresenta l’Occidente: chi perpetua le sue peggiori azioni o chi critica tale storia di violenza? L’idea di agire dal mare è una contestazione a questa tendenza di occupazioni su larga scala. Tuttavia, la società civile a volte si accontenta di manifestare il proprio dissenso attraverso i social, senza concretizzare tali posizioni.
In un periodo in cui il “pubblico” è lo spazio principale dell’opposizione politica, è essenziale considerare cosa significhi agire concretamente. Il mare, pur essendo fondamentale, non basta a forzare i blocchi se non si ha la volontà di agire in modo deciso.
In tempi di guerra, spesso si diffida delle azioni nonviolente, ritenendole inefficaci. Tuttavia, queste azioni derivano da una distinzione cruciale tra guerra e conflitto. L’opinione pubblica contraria alla guerra non può adottare metodi violenti; l’unico mezzo concreto rimane la promozione di conflitti nonviolenti.
Da queste riflessioni emerge la consapevolezza che non possiamo affidarci esclusivamente alla politica tradizionale per affrontare le ingiustizie. È fondamentale considerare alternative come la decolonizzazione e l’opposizione nonviolenta alle crescenti guerre.