Nancy Fraser e le quattro ferite del capitalismo.

Il capitalismo è descritto come un uroboro, un serpente mitologico che si divora la coda. Questo sistema è programmato per consumare le basi sociali, politiche e naturali della propria esistenza, erodendole nel processo. Funziona solo se riesce a distruggere quelle stesse condizioni che lo sostengono. L’analisi non si limita a rilevare effetti collaterali, ma si concentra sulle premesse del sistema e sui supporti extra-economici di cui ha bisogno. Questi supporti comprendono la riproduzione della vita quotidiana, la natura, la capacità d’azione collettiva e le popolazioni vulnerabili. La crisi attuale non è la somma delle sue fratture, ma il risultato di una logica predatoria unica.
Quando la cura si spezza
Il primo “morso” si verifica nel mondo della cura, un lavoro che viene spesso relegato al di fuori della contabilità economica. Nonostante la sua indiscutibile importanza, è visto come un’attività di cui il capitalismo può avvalersi senza compenso. Quando la cura diminuisce, l’intero tessuto sociale comincia a vacillare: i legami familiari si indeboliscono, la forza lavoro si esaurisce e la salute collettiva ne soffre. Il sistema sfrutta queste attività senza mai reintegrarle, realizzando una logica opportunista che si basa sul “free riding” della vita quotidiana.
La natura sfruttata
La seconda ferita si manifesta nel rapporto tra capitalismo e natura. Sebbene il sistema sembri autosufficiente, in realtà degrada continuamente le risorse senza riconoscerne i limiti. La natura è utilizzata come una miniera e una discarica, e questa invisibilità ha portato all’impasse attuale. La “contraddizione ecologica” non rappresenta una tensione tra crescita e ambiente, ma piuttosto una struttura che costringe il sistema a oltrepassare continuamente i limiti. Man mano che il capitale consuma il mondo naturale, questi diventa progressivamente incapace di rigenerare ciò che è stato sottratto. Ogni regime di accumulazione storico ha la propria ecologia incorporata, sottolineando che la logica predatoria è intrinseca al sistema e non casuale. Ogni fase della modernità ha i suoi territori devastati e ecosistemi sacrificati.
Inoltre, il sistema consuma risorse come se il futuro non avesse valore, esaurendo milioni di anni di risorse naturali con la stessa rapidità con cui si perseguono i profitti economici. Fenomeni come riscaldamento globale e eventi meteorologici estremi sono manifestazioni visibili di una compressione temporale tra il ciclo naturale e quello dell’accumulazione. Questa frattura non può perdurare nel tempo.



