Storia

Musei e colonialismo: la vetrina dell’Impero

Il dibattito sulla natura e le cause del conflitto a Gaza mette in luce una profonda ignoranza della storia del colonialismo occidentale.

Il genocidio del popolo palestinese ha radici che affondano ben prima del 2023 ed è uno degli effetti tardivi di secoli di colonialismo europeo.

Il territorio che oggi corrisponde allo stato di Israele è il risultato della spartizione dell’Impero ottomano tra Regno Unito e Francia, avvenuta dopo la Prima guerra mondiale. Inoltre, il movimento sionista, alla base degli insediamenti ebraici in Palestina, si inserisce nel contesto della cultura coloniale europea e del nazionalismo ottocentesco.

La storia coloniale europea è caratterizzata da occupazioni, stermini, abusi e acquisizioni forzate giustificate in nome di una presunta superiorità culturale e razziale rispetto ai popoli colonizzati.

Questo modello è emerso nello stesso periodo in cui gli ideali illuministici e democratici cominciavano a diffondersi in Occidente. Il progresso industriale, le scoperte scientifiche e culturali in Europa fra Otto e Novecento hanno fatto leva su relazioni di dominio nei confronti del resto del mondo.

La coscienza anticoloniale è nata dalla stessa cultura europea, ma il distacco dal passato coloniale è avvenuto solo parzialmente. Questo è vero anche per l’Italia, che ha avuto un ruolo significativo nel colonialismo europeo, nonostante la retorica sull’essere “colonizzatori benevoli”.

Eredità complessa

Un’analisi della complessa eredità del colonialismo e della sua memoria controversa è presente in un volume che esplora la storia degli oggetti d’Africa nei musei italiani dall’Ottocento a oggi. Questi oggetti, provenienti dalle ex colonie, sono stati raccolti o sottratti da missionari, esploratori e forze militari italiane.

Il periodo di massimo afflusso di collezioni coloniali in Italia si è avuto sotto il fascismo, che ha centralizzato le iniziative imperiali. Le raccolte includono esemplari botanici, zoologici, antropologici e tracce delle imprese militari, creando un percorso utile a riflettere sulle dinamiche economiche, politiche e culturali dello sfruttamento coloniale italiano.

Reperti e politiche coloniali

Il volume esplora il legame tra reperti, saperi e politiche coloniali, attraversando le fasi cruciali della storia italiana, dal periodo liberale al fascismo, fino all’età repubblicana. I musei, pubblici e privati, si rivelano luoghi privilegiati per osservare l’impatto del colonialismo sulla memoria nazionale e le sue eredità materiali.

Gli oggetti musealizzati sono solo una parte delle tracce della presenza italiana nelle colonie. Molte famiglie italiane possiedono infatti oggetti di origine coloniale.

I musei sono stati identificati come luoghi importanti per lo studio del passato, contribuendo alla costruzione dell’idea dell’altro e riflettendo lo sguardo di chi li ha creati.

Costruire l’identità nazionale

Tra Otto e Novecento, i musei sono stati strumenti di alfabetizzazione politica e costruzione dell’identità nazionale, contribuendo a definire i popoli colonizzati come “esotici” o “primitivi”. In Italia, l’espansione coloniale fu spesso giustificata come “naturale” prosecuzione del processo risorgimentale, supportata anche da allestimenti museali.

Il volume analizza il ruolo degli scienziati nel colonialismo, evidenziando che le loro ricerche erano spesso indirizzate a giustificare politiche coloniali. Il desiderio di conoscere e classificare il mondo coloniale era funzionale al suo controllo e sfruttamento, anche se tale conoscenza era sovente influenzata da pregiudizi.

Le Esposizioni nazionali e i giardini zoologici e botanici in molte città italiane hanno celebrato progressi scientifici, insinuando un’idea di superiorità della civiltà italiana sui popoli colonizzati.

I popoli “primitivi”

Un approccio evoluzionista ha caratterizzato gran parte degli allestimenti museali, accostando i popoli “primitivi” europei a quelli colonizzati. Questo fenomeno si è protratto fino all’epoca fascista e oltre, mostrando continuità nel tempo.

L’analisi del “colonialismo in vetrina” invita a riflettere sul percorso ancora da compiere per giungere a una visione critica del passato coloniale italiano, inserito nella storia più grande dell’imperialismo globale.

Questo studio può essere un utile strumento per comprendere i recenti allestimenti museali che cercano di proporre un approccio critico agli oggetti ereditati dalla tradizione imperiale, stimolando una riflessione su stereotipi e letture romanticizzate che hanno legittimato il dominio e la violenza del passato.


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