Magna Grecia: arte, industrializzazione e un eredità di rabbia.

Vergogna. L’unica parola per descrivere le recenti vicende cittadine è questa: vergogna. Quando si stilano classifiche sui soggetti coinvolti, c’è chi potrebbe collocare al primo posto il palazzo e chi la plebe, chi il potere e chi la folla. Non sorprende, in fondo. Così è da anni, da secoli. Affidato ai tarantini, quel luogo di incredibile bellezza è da sempre una terra da cui scaturiscono forti emozioni, ma anche dolori. Questa è la realtà di Taranto, una città che ha visto i suoi cittadini affrontare sfide continue.
Non sono stati forse i tarantini a plasmare la propria storia? Certamente, sì. Così tocca dire che la situazione è assimilabile a un cane che si morde la coda. Taranto, faro di splendore, un tempo primeggiava in vari ambiti, soprattutto nell’oreficeria, dove i suoi artigiani erano all’altezza dei più moderni. Le meraviglie esposte nel Museo nazionale archeologico di Taranto sono frutto del lavoro di mani esperte e di una creatività straordinaria. Qui si trovano anche figure di rilievo come Archita, noto per i suoi sogni di macchine volanti, e Leonida, il poeta errante, che racconta la sua nostalgia per la terra natale.
Ma che fine hanno fatto tutte queste ricchezze? I nomi di Archita e Leonida rimangono oggi solo simboli. I tesori artistici, custoditi negli archivi del Museo, non sono gli unici a essere stati trascurati. Alcuni reperti, scoperte tra i resti archeologici, hanno fatto il loro viaggio attraverso le corti europee. Negli ultimi decenni, il Museo ha resistito, salvato da coloro che lo hanno guidato e protetto. Le iniziative per il suo riconoscimento sono state affrontate con coraggio, malgrado l’indifferenza di molti, che hanno considerato il Museo un enigma da risolvere.
Le celebrazioni relative ai poeti e alle arti si sono limitate. Leonida, il poeta della Magna Grecia, è stato tradotto da un noto letterato del Novecento, e l’influenza di alcune figure, come il critico d’arte Raffaele Carrieri, è rimasta nell’ombra. La città ha visto talenti scenici come Cosimo Cinieri e Tino Schirinzi, che pure sono stati solo brevemente ricordati. Oggi, solo un nome si associa frequentemente a Taranto: quello di un attore noto per il suo impegno sociale, ma non è l’unico. Anche figure storiche hanno lasciato il segno nel panorama culturale e teatrale della città.
In ambito musicale, due nomi spiccano: Mario Costa e Giovanni Paisiello. Il primo ha scritto una canzone che, sebbene un po’ sopravvalutata, continua a risuonare; il secondo ha conquistato l’ammirazione delle corti europee nel Settecento. Le associazioni che si dedicano alla musica hanno resistito nel tempo, ma ciò che meriterebbero resta assai limitato. Tuttavia, la cultura sembra essersi arenata in festival di poca sostanza, in cui prevalgono eventi superficiali e presentazioni di autori sconosciuti. Eppure, esiste una continuità diretta tra cultura e identità di un popolo.
Il ricordo degli antichi principi e delle conquiste si intreccia con l’arrivo dei Romani e delle loro politiche. La città ha vissuto momenti di gloria e rinascita sotto vari regimi, ma il processo di cambiamento non è mai stato indolore. L’industria, considerata una soluzione promettente, ha portato con sé sfide e complicazioni, dando spazio a promettenti sviluppi che però rapidamente hanno esaurito il loro slancio. I tarantini, nel corso della storia, hanno assistito a cicli di speranza seguiti da delusioni, continuando a sperare in un futuro migliore.
La cultura, seppur possa apparire un concetto astratto, è rivelatrice della condizione di una cittadinanza. L’identità e l’eredità lasciate dai predecessori non sono state sufficientemente riscattate. Si è perso di vista il valore del mare e della terra, e la storia ha subito i sorrisi e le disillusioni di chi, in epoche passate, ha sia creato che distrutto con disinvoltura. La pazienza, una virtù tradizionalmente usata come alibi, continua a prevalere, e con essa nasce una domanda: cosa serve al fine di cambiare il corso delle cose? La consapevolezza culturale potrebbe rivelarsi la chiave per scrivere un capitolo nuovo nella storia di Taranto.