Le guerre producono record e statistiche.

I morti nei conflitti armati rappresentano vite spezzate, famiglie distrutte e comunità colpite. I dati hanno un ruolo importante: permettono di analizzare le dinamiche della politica globale e i fallimenti della comunità internazionale, oltre a non far dimenticare conflitti che spesso non ricevono sufficiente attenzione.
Uno dei progetti di ricerca più dettagliati sui conflitti armati è l’Uppsala Conflict Data Program (Ucdp), il quale, da vent’anni, produce un’enciclopedia online delle guerre e offre un’analisi annuale sull’andamento dei conflitti. La più recente analisi è stata pubblicata sulla rivista Journal of Peace Research.
Il numero di conflitti armati con attori statali attivi è aumentato, passando da 59 nel 2023 a 61 nel 2024. Questo segna il secondo anno consecutivo di un numero record di conflitti, con pochi risolti. Solo cinque conflitti attivi nel 2023 sono scesi sotto la soglia di 25 morti in battaglia all’anno nel 2024, il declino più basso dal 2013. Nessuna delle guerre in corso nel 2023, quelle con almeno mille morti, è scesa sotto questa soglia nel 2024.
Nel 2024 sono state contate 11 guerre, due in più rispetto al 2023, il numero più alto dal 2016. Dal 2021, solo una guerra ha avuto un accordo di pace (Etiopia), mentre tre sono scese sotto la soglia di guerra (Afghanistan, Mali e Yemen) ma rimangono attive. Nel frattempo, sono scoppiate 11 nuove guerre, e il conflitto in Siria si è concluso nel 2024 con la vittoria dei ribelli.
Le vittime dei conflitti sono state registrate in 128.400 nel 2024, un lieve calo rispetto alle 131.000 del 2023. Questi numeri rimangono tra i più alti dal 1989. Il conflitto tra Russia e Ucraina è il più mortale al mondo, con quasi 75.700 vittime, che rappresentano quasi il 59% di tutte le morti da conflitti nell’anno. La maggior parte delle vittime sono combattenti, con oltre 55.000 perdite militari russe e quasi 18.000 ucraine, e questi numeri sono solo stime al ribasso.
L’analisi include anche una sezione sulla classificazione delle vittime e le sfide nell’identificazione tra civili e combattenti. Queste questioni sono fortemente politicizzate, spesso senza adeguate discussioni metodologiche, come nel dibattito sulle vittime palestinesi a Gaza. Diverse circostanze limitano l’accesso alle informazioni, con governi e gruppi armati che possono ostacolare le verifiche e colpire i giornalisti.
A Gaza, dove i giornalisti internazionali non sono stati in grado di accedere, il Committee to Protect Journalists ha registrato 98 giornalisti uccisi nei territori palestinesi occupati dal 2024, costituendo il 74% del totale globale. La discussione sui dati relativi ai morti a Gaza è stata caratterizzata da aspre polemiche e strumentalizzazioni. Dati provenienti da rapporti delle Nazioni Unite e ricerche pubblicate su riviste scientifiche sono stati frequentemente contestati.
Dopo il 7 ottobre, giorno in cui Hamas ha ucciso oltre un migliaio di cittadini israeliani, tra ottobre 2023 e la fine del 2024, quasi 50.000 persone sono state uccise a Gaza, per la maggior parte civili. Ciò conferma le stime delle Nazioni Unite e delle fonti palestinesi.
Ulteriori analisi riguardano conflitti in cui Israele ha avuto un ruolo importante: una guerra contro Hezbollah nel Libano meridionale e un conflitto contro l’Iran, attivo dal 2018 e intensificatosi nel 2024 con oltre 500 morti. Questo conflitto rischia di destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente. Il conflitto tra Israele e Hezbollah si è riacceso subito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, raggiungendo livelli di violenza significativi a settembre 2024, con bombardamenti che hanno causato migliaia di morti.
Dal 2010, il numero di conflitti statali nel mondo è quasi raddoppiato, e il numero totale di morti è quintuplicato. Mentre i ricercatori si occupano di raccogliere e condividere dati sulla violenza, è fondamentale che i cittadini e le istituzioni politiche non rimangano indifferenti ai dati sulla violenza.