La Grande Guerra negli archivi Rizzoli

Tra le storie emerse da oltre quattromila cartelle cliniche dei soldati feriti durante la Prima Guerra Mondiale, spicca quella di un giovane forlivese che, per sfuggire alla guerra, si è ferito al petto, finendo nella lista degli autolesionisti. Un altro racconto riguarda un sommergibilista sopravvissuto all’affondamento del Medusa, e un venticinquenne di Caserta, arrivato sul campo di battaglia dopo 48 ore, con la gamba amputata, un occhio perso e le labbra tagliate a metà. Queste narrazioni fanno parte del Fondo Grande Guerra dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, il quale ha avviato il progetto L’officina dei corpi, collaborando con diverse istituzioni accademiche e musei, oltre a presentare una mostra alla Biblioteca Umberto I e nel corridoio centrale del Rizzoli.
Visitabile fino al 26 giugno 2026, la mostra presenta nove storie che illustrano l’evoluzione delle tecniche chirurgiche e protesiche, l’impatto del conflitto sul sistema sanitario e la vita quotidiana dei soldati accolti al Rizzoli tra il 1915 e il 1920. Tre storie sono esposte in pannelli nel corridoio, mentre sei sono conservate nelle teche della biblioteca, accompagnate da foto e disegni chirurgici. L’obiettivo è umanizzare le cartelle, comunemente percepite come polverose ed illeggibili. Sono state selezionate cartelle rappresentative, tra cui quella di un soldato autolesionista, parte di un gruppo di diecimila uomini condannati per autolesionismo.
Un altro caso notevole è quello di Paolo Modugno, che sopravvisse con altri compagni all’affondamento del sommergibile Medusa nel 1915. Dopo un lungo viaggio tra campi di prigionia, giunse in Italia al Rizzoli per ricevere cure a seguito di una frattura alla gamba destra. L’analisi delle cartelle cliniche rivela un cambiamento nella documentazione delle ferite nel corso del conflitto: nelle fasi iniziali, i dettagli erano meticolosamente registrati, mentre dal 1917, con l’aumento esponenziale dei feriti, la qualità della documentazione diminuisce. Il percorso narrato include anche gli sforzi per la rieducazione e reinserimento nella vita civile, con la Casa di rieducazione professionale per mutilati di guerra attiva a Bologna dal 1916.



