Il volo dimenticato che ha superato Baumgartner

Non sempre gli eroi desiderano che le loro gesta vengano pubblicizzate. Alcuni agiscono e basta, come se la gloria fosse un elemento superfluo. Questo è il caso di un uomo che, nel 2014, ha registrato il salto più alto della storia, precipitando da oltre 41.419 metri di altezza. Ha realizzato questa impresa senza grandi sponsor o pubblicità, nel deserto del New Mexico, indossando una tuta bianca simile a quella di un astronauta. Dopo quattro minuti e mezzo di caduta, è atterrato sulla Terra, come se non avesse realizzato nulla di speciale.
È il 24 ottobre 2014. L’alba americana è limpida. L’uomo è appeso a un pallone stratosferico, ingombrante come un palazzo di dieci piani, salendo lentamente fino a superare i 40.000 metri. Non ci sono musiche, telecamere o applausi, solo il suono dell’altimetro e il respiro meccanico nel casco pressurizzato. Sotto di lui, il pianeta curvo; sopra, l’immensità del cosmo. In mezzo, un silenzio totale.
La preparazione è durata tre anni, ed è stata una missione scientifica e artigianale. Con una formazione ingegneristica, ha progettato una tuta capace di resistere a temperature di -70 gradi e pressioni quasi nulle. Non ci sono capsule o razzi: solo un pallone e la gravità. Ha collaborato con un piccolo team di tecnici e inventori, che hanno testato e simulato la caduta centinaia di volte, tutto senza clamore.
A 41.419 metri, l’uomo osserva il mondo dall’alto e poi stacca la corda che lo lega al pallone. Subito dopo, la caduta inizia. Supera la velocità del suono, raggiungendo i 1.322 chilometri orari. La tuta si deforma e il battito del cuore accelera. Il controllo è assente e il paracadute non può essere aperto finché l’atmosfera lo consente. È solo, un’entità insignificante nel vuoto.
Dopo quattro minuti e trentasei secondi di caduta libera, sgancia il paracadute principale. L’impatto con l’aria è potente, ma poi tutto rallenta. Atterra in un campo del New Mexico, senza folla o telecamere, solo il silenzio del vento e un gruppo di collaboratori. Ha battuto un record del mondo, ma quasi nessuno se ne accorge.
Successivamente, dirà che non l’ha fatto per la fama, ma per vedere la Terra da una prospettiva diversa. Questo è il segreto: aver osato come pochi, senza vanità. In un’era in cui ogni gesto estremo si misura in visualizzazioni, ha scelto di restare lontano dalle luci della ribalta.
Oggi il suo nome è poco più di una nota nella storia dell’esplorazione umana. Ma dove l’aria si dissolve e la luce diventa curva, ha visto ciò che pochi riescono a scorgere. Nella sua caduta perfetta e solitaria, ha manifestato una grandezza discreta, poiché a volte l’eroismo risiede nel vincere la paura di lasciarsi andare.



