Storia

Gli italiani non sono propensi alla guerra, per fortuna

Caro Aldo,
sulla vocazione alla pace del popolo italiano, ho parecchi dubbi. Nel secolo scorso siamo stati tra i popoli più aggressivi, bellicosi: Libia, Eritrea, Grecia, Albania, Russia. Ricordo il colpo alle spalle della Francia. Per la Russia partimmo con il fucile in spalla, molti erano i volontari. Non si può addebitare questa aggressività al regime fascista, poiché fu voluto dal popolo italiano. Negli anni ’30, c’era grande entusiasmo per Mussolini e per la costruzione del Nuovo Impero Romano.

Caro Giorgio,
io invece penso che la pace e la convivenza tra i popoli siano la nostra vocazione. Il regime fascista si insediò con un colpo di Stato e non vinse mai elezioni realmente libere. In effetti, dubito che gli italiani siano andati a combattere volentieri. Rommel diceva che «gli italiani non sono fatti per la guerra», e se tutti i popoli fossero fatti per la guerra, la civiltà non esisterebbe. Gli inglesi, ad esempio, combatterono la Prima guerra mondiale su suolo straniero senza necessità di coscrizione, mentre qualcuno tra i nostri nonni si mutilava pur di evitare la trincea. Il grande contributo degli italiani alla civiltà è l’umanesimo cristiano, che parte da san Francesco passando per Dante e il Rinascimento, fino a Galileo e alla rivoluzione del metodo scientifico. Il nostro talento è pensare il mondo e rappresentarlo attraverso il romanico, il gotico giottesco, il manierismo, il barocco, il neoclassicismo, il futurismo. Questo non implica che non sappiamo combattere. Tuttavia, oggi i nostri soldati e carabinieri sono considerati tra i più bravi nelle missioni di pace proprio perché portatori di quella cultura umanista e cristiana che implica dialogo e rispetto verso gli altri popoli. Qualità che nel caotico mondo attuale risultano particolarmente preziose.


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