Emilio Quadrelli: comunista eretico contro la guerra

Non vi può essere dubbio che il percorso intellettuale e politico di Emilio Quadrelli, scomparso nel 2024, si situi interamente nella scia dell’eresia. Un’eresia non ricercata per necessità di colpire i lettori oppure, ancor peggio, con l’intento di sorprendere il borghese che si nasconde in fondo all’animo di tanti presunti compagni.
L’eresia di Emilio si è manifestata nella sua ricerca, rivolta a individuare tutte le manifestazioni, talvolta contraddittorie e confuse, della soggettività di classe che, troppo spesso, l’ortodossia comunista e un determinismo spacciato per radicalismo tendono a offuscare o a rinnegare del tutto.
Un’eresia che si è manifestata in quasi tutti gli scritti del comunista genovese attraverso la riscoperta dei barbari, bianchi o di altra etnia, che insorgono contro l’esistente; dell’attenzione a ciò che è troppo spesso definito, superficialmente e in maniera liquidatoria, come sottoproletariato; dei concetti di razza e genere come importanti fondamenta della rivolta contemporanea, dentro e fuori i confini di un impero occidentale in via di disgregazione; della guerra civile come parte integrante del percorso che guida sia gli stati verso un conflitto allargato per il predominio del mercato mondiale, sia la lotta dal basso per evitare la carneficina o ribaltarla in un processo rivoluzionario per molti versi inaspettato.
Occorre qui aggiungere che Emilio, oltre a essere eretico, è stato un significativo seguace del sincretismo in politica, non essendo interessato alla difesa della continuità di una particolare linea o corrente marxiana. È stato sempre interessato a individuare nelle infinite correnti del pensiero e dell’azione ispirate dall’utopia comunista, tutti gli elementi utili per l’interpretazione e l’individuazione della soggettività di classe di cui è stato un costante osservatore, estimatore e promotore ovunque ciò fosse possibile. Dall’apprezzamento per «il bisogna sognare!» di Lenin al pensiero di Lukács, per certi aspetti dell’agire togliattiano e altri teorici di Bordiga, non dichiarati; per l’azione militante di Lotta Continua, la concreta autonomia operaia di fabbrica e dei giovani barbari delle periferie torinesi e milanesi che negli anni Settanta diedero vita alle “ronde proletarie”, fino ai nuovi barbari delle banlieue parigine e marsigliesi o, ancora, al milieu genovese di cui fu grande conoscitore e amico rispettato.
E tutto questo soltanto per fare pochi e rapidi esempi.



