È scomparso Giuseppe Orefici, archeologo di fama.

Una vita dedicata alla scoperta di antiche civiltà sepolte sotto la sabbia del Sudamerica. Un bresciano, classe 1946, si è spento all’età di 79 anni dopo una lunga malattia. Architetto di formazione e archeologo per vocazione, era riconosciuto a livello internazionale come uno dei massimi esperti della cultura Nasca e delle civiltà precolombiane dell’America Latina.
Dietro un profilo schivo si celava una mente instancabile e una passione sincera: per oltre quarant’anni ha guidato missioni archeologiche in Perù, Bolivia, Cile, Messico, Cuba e Nicaragua, concentrandosi sul sito monumentale di Cahuachi, nel deserto meridionale del Perù. Dal 1982, sotto la sua direzione, sono emerse oltre trentaquattro strutture in adobe, tra cui piramidi e templi, che hanno svelato la complessità di una civiltà cerimoniale tra le più interessanti dell’America preispanica.
Un’esistenza spesa sul campo
Non si è limitato a scavare, ma ha anche documentato, interpretato e raccontato. I suoi studi si sono focalizzati sugli aspetti architettonici, sociali e artistici delle culture Nasca e Tiahuanaco, cercando di cogliere la dimensione simbolica delle strutture e dei petroglifi. Ha diretto scavi anche nell’isola di Pasqua (Rapa Nui) e a Tiwanaku, in Bolivia.
Tra i progetti significativi, il Progetto Nasca ha cercato di collegare i grandi geoglifi visibili solo dal cielo, le celeberrime “linee di Nasca”, con i siti abitativi e cerimoniali dell’area, in particolare con Cahuachi. Nel deserto, ha voluto creare un museo per conservare e valorizzare i reperti scoperti durante gli scavi.
Il legame con Brescia
Nonostante la lunga permanenza all’estero, ha mantenuto un forte legame con la sua città. Era direttore del Centro Italiano di Studi e Ricerche Archeologiche Precolombiane a Brescia, associazione che ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione della conoscenza delle culture sudamericane. Ha curato diverse mostre in Europa e in America, tra cui due rassegne realizzate con Brescia Musei.
La sua attività si è estesa anche al grande pubblico attraverso partecipazioni a programmi televisivi e numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative.
Riconoscimenti e memoria
Figura rispettata nell’ambiente accademico, ha ricevuto numerosi riconoscimenti nel corso della carriera. La sua passione, però, ha sempre avuto un respiro più ampio: più interessato ai risultati degli scavi che ai riflettori, ha preferito lasciare parlare le pietre, i simboli, le tracce.
Nel 2020, la sua avventura sul campo è stata raccontata nel film “Cahuachi. Labirinti nella sabbia”, che ha seguito il suo lavoro nel deserto peruviano.
L’ultimo saluto
Lasciano la moglie, la figlia e il nipote. La camera ardente è allestita a Brescia fino alle ore 12 di lunedì, quando sarà celebrato l’ultimo saluto prima della traslazione al Tempio Crematorio.
Con la sua scomparsa, l’archeologia perde una figura luminosa, un uomo che ha saputo coniugare rigore scientifico e passione umana, studio e rispetto per le civiltà riscoprire e raccontare.