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Salis: «Prematuro un mio ruolo nazionale. Meloni? Persone inadeguate».

«Ho davanti un mandato di 5 anni e se il lavoro andrà bene potranno diventare anche di più». E sul marito, il regista Fausto Brizzi: «Dice che a casa vige il matriarcato? Sì e lui è contento»

Sindaca, può la sua vittoria essere un modello per il centrosinistra?
«Mi pare un esercizio teorico perlomeno astratto e prematuro. Ho appena vinto un’elezione per mettermi al servizio della mia città. Ogni altro ragionamento è fuori dal mio orizzonte».

Nega ambizioni nazionali, ma c’è chi disegna scenari.
«Ho davanti un mandato di cinque anni. E se il lavoro andrà bene potranno diventare anche di più. La vittoria in una città governata dalla destra da otto anni è un bel segnale che dà fiducia».

Anche Matteo Renzi partì come sindaco. E poi…
«Non si tratta di escludere nulla. Solo è esagerato trasferire sul piano nazionale un pur ottimo risultato locale».

Lei ha ottenuto la compattezza del “campo progressista”. È convinta che così si può vincere anche sul piano nazionale. Non è un azzardo?
«È un calcolo aritmetico. Ma non vuol dire che sia semplice. Bisogna concentrarsi su un programma pragmatico. Ci sono differenze, ma anche tanti punti in comune».

Per Giuseppe Conte e Carlo Calenda non basta mettere tutti insieme.
«Sono d’accordo. Ci sono processi che possono portare all’unione. L’alternativa non può essere data da soli due partiti. Ci si deve concentrare sulle convergenze, facendo passi indietro su temi divisivi».

Piuttosto complicato, basti pensare alle posizioni sull’Ucraina o sul Medio Oriente.
«Anche a destra ci sono forti divisioni. La differenza è nell’approccio al potere».

Cosa intende dire?
«La destra avanza nonostante le differenze. Sanno trovare compensazioni. A sinistra, le incoerenze non vengono perdonate. Bisogna essere più concreti e meno ideologici».

In vista delle Politiche del 2027 è più ottimista?
«No, senza l’unione del campo progressista penso sia impossibile vincere. L’unità non va trovata a gennaio del 2027».

Chi deve essere il regista politico?
«Lo sforzo più grande deve farlo il Pd, interagendo sia con la sinistra sia con il centro. Una sorta di collante. Elly Schlein ha questa visione».

Conte è più recalcitrante.
«Tutti devono capire che occorre trovare le ragioni dell’unità».

L’esperienza di Genova cosa può suggerire?
«Ci sono state candidature non politiche che hanno risposto seriamente ai cittadini. L’impegno nella politica è un servizio e non una prevaricazione».

Quali sono state le sue carte vincenti?
«Sono una decisionista. Parlo con tutti, ma tiro una riga. Non temo di affrontare temi tabù per la sinistra, come la sicurezza».

Il suo decisionismo si misura anche in famiglia dove, sostiene suo marito, vige il matriarcato.
«È vero, e Fausto è ben contento. Ha avuto una madre molto forte».

A vostro figlio Eugenio avete dato il cognome Salis.
«Sì, si chiama come mio papà».

Suo padre era un militante comunista. Lei è meno radicale.
«Sì, sono più di centrosinistra. A volte discutevamo, dicendogli: sei il solito comunista».

Cosa pensa di Meloni?
«È molto capace. Non la voterei mai. Ha difficoltà al governo perché non ha una classe dirigente adeguata. Credo che la sinistra abbia “regalato” alla destra la prima donna premier».

Ce ne sarà una di sinistra?
«Penso di sì».

Schlein o, magari, Salis?
«Non è il caso di parlare di me. Elly è in pole position, è molto propositiva».


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