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Referendum: andate a votare, ci vogliono privare di tutto.

Il referendum di giugno è un appuntamento cruciale per il lavoro e la cittadinanza, astensione e scontro politico

Negli prossimi giorni, gli italiani saranno chiamati a votare su cinque quesiti referendari che riguardano temi fondamentali: la cittadinanza, le norme del Jobs Act, l’indennità di licenziamento nelle piccole imprese, i contratti a termine e la responsabilità solidale negli appalti. Il referendum ha carattere abrogativo: una vittoria del “sì” comporterebbe la cancellazione delle normative attualmente in vigore. È necessario raggiungere il quorum, ovvero la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto, affinché l’esito sia valido.

Fratelli d’Italia e gli altri partiti della coalizione di governo hanno adottato una posizione di non intervento diretto, favorendo l’astensione. Una comunicazione interna al partito invita i rappresentanti a sostenere questa linea. Secondo Giorgia Meloni e i suoi alleati, non partecipare al voto è considerata una presa di posizione politica legittima e coerente, in virtù della critica all’iniziativa referendaria ritenuta divisiva e strumentale.

Antonio Tajani, leader di Forza Italia, ha ribadito pubblicamente la posizione della coalizione, definendo l’astensione una scelta politica consapevole, respingendo le accuse di disinteresse e citando l’ex presidente della Repubblica a sostegno della legittimità del non voto. Ha sottolineato che nessuno dovrebbe essere obbligato a votare e che, in alcuni casi, l’assenza può essere un chiaro messaggio politico.

Anche la Lega ha adottato la linea dell’astensione. Il deputato Igor Iezzi ha descritto questa scelta come una strategia costituzionalmente garantita, chiarendo che non recarsi alle urne non equivale a una fuga dal confronto, ma a una valutazione critica dei quesiti e del loro impatto reale sulla normativa italiana.

Le critiche delle opposizioni e dei sindacati

La scelta del governo ha ricevuto forti critiche dalle opposizioni e dal mondo sindacale. Il segretario della CGIL ha descritto l’astensione promossa da Fratelli d’Italia e alleati come “grave e pericolosa”, accusando il governo di delegittimare uno strumento di partecipazione democratica. Anche rappresentanti di altri partiti, tra cui +Europa, hanno sottolineato che chi afferma di rappresentare il popolo dovrebbe invitarlo a votare.

Il Partito Democratico si è schierato nettamente a favore del “sì” in tutti e cinque i quesiti. La segretaria ha dichiarato che il referendum rappresenta un’occasione importante per migliorare le condizioni lavorative e ribadire il diritto alla cittadinanza. Il Movimento 5 Stelle supporta quattro quesiti su cinque, mantenendo una posizione neutrale solo su quello riguardante la cittadinanza.

La posizione critica di Italia Viva e Azione

Italia Viva e Azione si sono espresse contrarie al referendum, considerandone inefficaci le proposte di modifica della normativa attuale. Un esponente di Italia Viva ha definito l’iniziativa una “guerra ideologica”, sostenendo che una vittoria del “sì” non riporterebbe al vecchio Statuto dei lavoratori ma alla meno garantista legge Monti-Fornero, pur dichiarando il proprio sostegno al quesito sulla cittadinanza.

Giorgia Meloni ha espresso la propria opinione riguardo alla cittadinanza, dichiarando congruo il termine di dieci anni previsto dall’attuale normativa per ottenerla. Ha anche evidenziato che, in caso di referendum, la volontà popolare deve essere rispettata, suggerendo un’apertura istituzionale al verdetto, pur senza sostenere attivamente i quesiti proposti.


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