Perché il prezzo è salito del 270%.
Negli oltre cinquant’anni di storia, i costi previsti per il ponte sullo Stretto di Messina hanno sempre subito un incremento. Sotto la promozione di Matteo Salvini, il governo Meloni ha ripreso il progetto e rilanciato la Stretto di Messina spa, responsabile della progettazione. L’appalto di 20 anni fa stabiliva un costo, ma oggi quel valore è aumentato del 248%, in violazione del vincolo di legge che limita l’aumento al 50%. Sebbene il ponte non esista, continua a generare spese con il rischio di penali per lo Stato in caso di un ulteriore blocco.
Costo attuale del ponte sullo Stretto
Il costo stimato per il ponte è cresciuto costantemente. La prima legge risale al 1971, ma l’appalto effettivo è stato assegnato nel 2005 per 3,8 miliardi di euro al consorzio Eurolink. Dopo vari interventi normativi e problemi legali, l’attuale governo ha avviato nuovamente l’iter autorizzativo.
Ad oggi, il costo stimato per la costruzione del ponte ammonta a 14,6 miliardi, con un incremento del 248% rispetto all’importo originario. Nella prima legge di bilancio, era stato riportato un costo di 11,6 miliardi, poi aggiornato a 13,5 miliardi, cui si aggiungono 1,6 miliardi per opere ferroviarie, per un totale di 14,6 miliardi al momento.
Circa 4,2 miliardi di euro sono destinate alla costruzione del ponte, mentre 5,1 miliardi copriranno i lavori relativi alle sottostrutture e ai collegamenti stradali e ferroviari. Inoltre, quasi 3 miliardi sono previsti per altri costi.
Incremento dei costi e procedure di gara
L’aumento del 248% riguarda l’appalto originariamente vinto dal consorzio Eurolink. Secondo le normative europee e nazionali sugli appalti, aumenti superiori al 50% richiederebbero una nuova gara, ma ciò non avverrà. Si sostiene che, dato l’incremento dei prezzi nel corso di vent’anni, sarebbe stato più opportuno procedere con un nuovo bando. L’Autorità nazionale anticorruzione ha richiesto l’accesso ai fascicoli del progetto.
Nell’ultima relazione annuale, l’autorità ha espresso preoccupazioni riguardo la compatibilità della scelta di non svolgere una nuova gara con i vincoli europei e finanziari, sollevando la necessità di cautele per evitare un eccessivo rafforzamento della parte privata coinvolta.
Costi sostenuti dalla Stretto di Messina
La Stretto di Messina opera per conto dello Stato, con il 55% delle azioni detenute dal ministero dell’Economia e il resto ripartito tra Anas (36,6%) e Rete ferroviaria italiana (5,8%), inclusi anche piccoli partecipazioni delle Regioni Calabria e Sicilia. Il capitale sociale supera i 672 milioni di euro. L’attuale amministratore delegato è Pietro Ciucci, mentre il presidente è Giuseppe Recchi.
Costi operativi della Stretto di Messina
Dal momento della sua creazione, la Stretto di Messina ha comportato spese per oltre 312,4 milioni di euro. Con il rilancio da parte del governo, sono ricominciati i flussi di denaro. Significativa è la spesa per gli stipendi, con 9,1 milioni di euro destinati agli 84 dipendenti nell’ultimo anno, di cui 4,5 milioni ai dirigenti. Altri pagamenti hanno superato i 5,7 milioni di euro.
Penali in caso di interruzione del progetto
Dopo l’appalto assegnato a Eurolink nel 2006, i lavori dovevano concludersi nel 2011. Tuttavia, l’arrivo del governo Monti ha bloccato l’operazione, portando la Stretto di Messina in liquidazione. Ciò ha innescato controversie legali, con richieste di danni da parte della parte privata.
Fattibilità del ponte
Le penali relative furono fissate nel 2009 per circa 700 milioni di euro. Ulteriori richieste ammontarono a 90 milioni da parte della società di consulenza Parsons e 325 milioni dall’azienda Stretto di Messina, considerate dalla Corte dei conti una duplicazione dei costi.
Le aziende coinvolte nella costruzione del ponte sono le stesse di vent’anni fa:
- Stretto di Messina S.p.A;
- Consorzio Eurolink.
Entrambe mantengono i ruoli originari. Il consorzio si occupa della costruzione, con WeBuild come principale contractor, mentre Rocksoil gestisce la progettazione, essendo legata a nomi noti approfonditamente radicati nel passato del progetto.
Se un nuovo governo decidesse di fermare il progetto, le penali aumenterebbero. Attualmente, se si calcola una penale del 10% dell’importo totale, il costo per lo Stato potrebbe avvicinarsi ai 1,5 miliardi di euro.