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Perché il killer di Milano era a piede libero?

Le forze dell’ordine stanno indagando su un tragico evento che ha coinvolto Emanuele De Maria, accusato dell’omicidio della collega Chamila Wijesuriya e del ferimento di un altro collega. Dopo aver commesso questi atti, De Maria si è tolto la vita lanciandosi dalle terrazze del Duomo. La situazione ha suscitato dibattiti sul perché fosse stato autorizzato il lavoro esterno nonostante la sua condanna per un omicidio precedente. Si è aperta una polemica riguardo alle decisioni della magistratura e del sistema penitenziario, con richieste di chiarimenti per comprendere la questione. Il ferito, Hani Nasr, ha riferito di aver messo in guardia Chamila da De Maria, evidenziando i suoi precedenti. Le indagini continuano e l’autopsia verrà effettuata per verificare eventuali assunzioni di sostanze stupefacenti da parte di De Maria.

Recentemente, l’avvocato dell’imputato ha sostenuto che De Maria meritasse il permesso di lavorare all’esterno in virtù del suo percorso in carcere, mentre alcuni politici hanno chiesto un’ispezione sulla gestione del caso. La pena di De Maria, di 14 anni e 3 mesi, era stata confermata nel 2021; la parte normativa prevede l’accesso al lavoro esterno dopo aver scontato un terzo della pena o trascorsi cinque anni di detenzione.
Il sindaco di Milano ha espresso difficoltà nel spiegare la libertà concessa a De Maria nonostante la gravità della sua condanna, definendo la situazione molto complessa.

Difficoltà nel spiegare la situazione

Un politico ha commentato la difficoltà di giustificare la situazione ai cittadini, in seguito ai tragici eventi collegati al femminicidio e al tentato omicidio di De Maria. Ha riconosciuto che, sebbene le leggi attuali lo consentano, la materia è molto delicata e cruenta, richiedendo una riflessione approfondita sul sistema di giustizia.

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