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Omicidio Chiara Poggi: errori nelle indagini a Garlasco

Dall’inadeguata gestione della scena del crimine ai ritardi e alle carenze nell’analisi delle prove. Nel caso Garlasco, nel suo lungo e complesso iter giudiziario, non si possono escludere alcuni errori o aspetti praticabili.

La gestione iniziale della scena del crimine

La villetta di Garlasco, dove Chiara Poggi venne trovata morta il 13 agosto 2007, non fu adeguatamente isolata. Persone non autorizzate entrarono nella casa dopo il ritrovamento del corpo, con accesso consentito a ben venticinque individui, senza il rispetto delle norme di protezione. Molti di questi non indossavano né calzari né guanti. Inoltre, si registrarono intrusi che utilizzarono il bagno e qualcuno scivolò sulle scie di sangue, mentre il gatto della famiglia Poggi si muoveva liberamente fino alla sigillatura della villetta.

La carenza nell’analisi delle prove e il ritardo nei sopralluoghi

Nei momenti immediatamente successivi all’omicidio, non furono effettuati rilievi approfonditi, con conseguente trascuratezza di molti elementi utili. Le impronte e altre tracce, come le calzature e le tracce di sangue, non furono documentate con precisione.

Oltre alla nota impronta papillare 33, trovata vicino al corpo, c’erano altre sei tracce palmari mai identificate. Le analisi tentate successivamente non hanno portato all’identificazione dei soggetti coinvolti.

I sopralluoghi furono effettuati in ritardo, settimane o mesi dopo il delitto, con il rischio che le impronte fotografiche iniziali fossero svanite o ridotte a tracce quasi invisibili. L’uso delle polveri per i rilievi comprometteva ulteriormente le indagini.

Le impronte sul pigiama di Chiara e il corpo girato

Le impronte lasciate dall’assassino sulla maglia del pigiama di Chiara non furono mai analizzate. Quattro tracce di polpastrelli insanguinati erano presenti nella parte alta del pigiama e un frammento di impronta palmare era visibile nella parte anteriore. Il corpo di Chiara fu girato e la maglietta arrivò al medico legale completamente intrisa di sangue.

Il corpo fu poi trasferito all’obitorio di Vigevano, senza che venissero effettuate misurazioni fondamentali come peso e temperatura, dati essenziali per determinare l’orario del decesso.

Gestione delle prove biologiche e genetiche

Le scarpe e le tracce di sangue divennero uno dei punti più discussi. L’assenza di tracce ematiche sulle scarpe di Alberto Stasi, che affermava di essere stato vicino al corpo, destò molto clamore. Simulazioni dimostrarono l’impossibilità di non sporcarsi in quella situazione. Si discusse anche di un’impronta sulla scala, che risulta ancora oggi oggetto di discussione.

I capelli trovati tra le dita di Chiara non furono mai analizzati, così come quelli rinvenuti nel lavandino di casa, presunti della persona che si sarebbe lavata dal sangue.

Trattamento delle prove informatiche e i tabulati telefonici

Le indagini informatiche furono lacunose, evidenziando un’analisi incompleta del computer di Stasi, compromesso dagli accessi effettuati dopo il sequestro. L’assenza di una copia forense del dispositivo rese impossibile esaminare alcuni dati importanti, come la cancellazione di file.

I tabulati telefonici furono acquisiti trascurando figure centrali, limitandosi a determinati periodi e aree.

Doppia assoluzione e successiva condanna

Alberto Stasi fu assolto due volte, nel 2009 e nel 2011, per insufficienza di prove. Tuttavia, la Cassazione annullò l’assoluzione nel 2013, ordinando un nuovo processo. Nel 2015, Stasi fu condannato a 16 anni per omicidio volontario, generando molte critiche per la rarità di condanne successive a due assoluzioni e alimentando sospetti di pressioni mediatiche.


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