Moglie incolpa marito dopo la morte della figlia
La sentenza della Cassazione ha concluso un processo drammatico legato all’assassinio di una bambina, uccisa dalla madre, Patrizia Coluzzi, come forma di vendetta nei confronti del marito che l’aveva abbandonata. Questo epilogo segna la fine di un lungo calvario segnato da denunce poi archiviate.
William Anzaghi, il padre, ricorda il momento in cui i carabinieri sono entrati nel suo caffè, avvertendolo che sua moglie lo accusava di violenza. L’uomo, incredulo, spiega che non vedeva la moglie da giorni e che aveva lasciato la casa. Coluzzi, dopo la pubblicazione di post sui social che lo definivano un mostro, ha iniziato a manipolare la situazione, controllando il marito e facendo accuse infondate. Attraverso strategia e minacce, ha cercato di allontanarlo dalla figlia, sostenendo che fosse violento.
Anzaghi ha dovuto affrontare un incubo da genitore: la perdita della figlia, assassinata dalla madre, che cercava di incolparlo. La bimba, Edith, di appena due anni, è diventata una vittima delle pulsioni distruttive della madre.
A metà aprile, Patrizia Coluzzi è stata condannata per la morte della figlia, mentre si susseguono lamentele su come le istituzioni non siano riuscite a intervenire adeguatamente. La condanna ha fissato a 12 anni di reclusione la pena per la donna, un risarcimento inadeguato di fronte alla tragedia consumatasi.
Le dinamiche tra i due genitori si sono deteriorate dopo la nascita di Edith. Le accuse di Coluzzi nei confronti del marito sono state sostenute in tribunale e hanno influenzato radicalmente l’andamento del processo. Le denunce di Anzaghi per diffamazione e sottrazione di minori non hanno prodotto l’effetto desiderato per contrastare le accuse della moglie, che ha mantenuto il controllo della situazione.
La notte fatale, Edith è morta per soffocamento, mentre la madre aveva creato un’atmosfera di tensione. Gli ultimi contatti tra William e Coluzzi si sono trasformati in conversazioni sempre più inquietanti, segnando il culmine di una spirale di violenza e disperazione.
L’omicidio ha sollevato interrogativi su come il sistema ha gestito le accuse e i diritti di tutti i soggetti coinvolti, evidenziando lacune nel supporto a chi si trova in situazioni di abuso e manipolazione. La questione della responsabilità e dell’incapacità di intendere rimane una delle aree più controverse nel dibattito legale e sociale.