Maurizio Landini si prepara per la politica tramite referendum?
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La campagna referendaria dell’8 e del 9 giugno ha spostato l’attenzione sul segretario della CGIL, Maurizio Landini, evidenziando la sua particolare visione del ruolo sindacale e rinnovando le speculazioni sulle sue ambizioni politiche future.
È probabile che i referendum abrogativi non raggiungano il quorum richiesto, ma potrebbe comunque vantare un risultato come una vittoria personale. La CGIL ha promosso con successo un referendum, il che rappresenta un fatto senza precedenti, e Landini potrebbe utilizzare l’affluenza a suo vantaggio, sostenendo che i votanti rappresentano il suo bacino di consenso.
Landini sottolinea la capacità di mobilitazione della CGIL, cercando di affermare il proprio merito storico in un periodo in cui i corpi intermedi affrontano una crisi di rappresentanza. Si propone come il rappresentante delle istanze lavorative in un contesto socio-politico complicato.
Il referendum ha un valore simbolico per Landini, intendendo affrontare la questione del Jobs Act e i suoi effetti sulle normative lavorative. Fin dalla riunione della CGIL nel 2024, è stata avviata la considerazione di referendum su licenziamenti, precarietà e appalti.
Anche se ci sono stati tentativi passati di referendum simili, Landini ha minimizzato le critiche, asserendo che il referendum, scaturito dall’emozione di un incidente in un cantiere, ha valore politico nel tentativo di sanare storiche lacerazioni legate al Jobs Act.
Il Jobs Act è stato identificato come un emblema contro il precariato e la disoccupazione giovanile, un tema caro alla CGIL e a Landini. Il suo ruolo di segretario è stato interpretato come supplente dei partiti di sinistra, dotandosi di una visione politica piuttosto che solamente sindacale.
Inizialmente, ai referendum era stata associata la questione dell’autonomia differenziata, ciò che avrebbe collocato la CGIL come federatrice del centrosinistra, ma la corte costituzionale ha poi escluso questo quesito. Nonostante ciò, Landini desidera essere un interlocutore con il governo attuale.
Per Landini, un obiettivo minimo è far votare almeno 12 milioni di persone ai referendum, un numero che rispecchierebbe il consenso attuale, dando a Landini la possibilità di affermare di avere un supporto simile a quello del governo in carica.
Landini si è recentemente alleato con una nuova visione, che ha reso più complessa la sua posizione: da un lato il segretario del PD ha manifestato intenti riformisti, riannodando i legami con il mondo del lavoro; dall’altro, un approccio più radicale toglie spazio all’influenza di Landini.
Durante la pandemia, Landini ha mostrato riluttanza a collaborare e ha adottato posizioni controverse, come nel caso del green pass. Questo ha alimentato tensioni con il governo, mentre ha rotto con l’unità sindacale e indetto uno sciopero generale rivelatosi poco efficace.
Chi lo conosce sostiene che è capace, quando necessario, di adattarsi e trovare compromessi, come dimostrato in passato, quando, dopo conflitti, ha scelto di collaborare con la precedente segreteria della CGIL, ottenendo risultati significativi per la sua carriera.