Lati oscuri dell’omicidio di Fregene e misteri irrisolti.
Il caso dell’omicidio di una donna a Fregene rimane aperto. La vittima, di 58 anni, è stata uccisa con 34 coltellate nella sua casa. I colpi, inferti mentre la donna sembrava essere nel sonno, hanno colpito principalmente la gola e il cuore.
Subito i sospetti si sono concentrati sulla compagna del figlio della vittima, attualmente in carcere. Il giudice ha deciso di mantenere la detenzione per il timore di un possibile inquinamento delle prove, nonostante non vi sia stata una convalida del fermo per omicidio.
L’ombra di un complice
Il giudice ha sottolineato che nel caso mancano elementi chiave, come l’arma del delitto e il telefono cellulare della vittima. La necessità di mantenere l’indagata in carcere è giustificata dalla possibilità che possa manipolare prove e influenzare altri possibili complici.
Le indagini devono chiarire sia la dinamica preparatoria del crimine sia l’aggressione avvenuta, mentre si sospetta che l’indagata possa aver agito con altri non ancora identificati.
La serata e l’allerta
Il 15 maggio, un uomo di ritorno a casa dopo il lavoro ha notato segni di disordine nell’appartamento e la mancanza dell’auto della madre. È entrato nella camera da letto del compagna e ha scoperto il corpo della vittima. Immediatamente, è stata allerta l’autorità competente.
Il corpo di Stefania Camboni viene trovato
Le autorità hanno trovato evidenti tracce di sangue in vari punti della casa, e l’auto della vittima è stata ritrovata in una strada vicina, sollevando dubbi sulla scena del crimine.
Le prime versioni
Molti, inclusi i vicini e i familiari, non hanno riportato alcun rumore sospetto, nonostante il delitto fosse avvenuto in silenzio. La vittima era conosciuta come una persona fragile e riservata, segnata dalla perdita del marito nel 2020.
La figlia aveva un rapporto generalmente sereno con i familiari, sebbene ci fossero tensioni occasionali. Le ricerche effettuate su Google dalla compagna del figlio, riguardo la pulizia del sangue e varie sostanze, hanno destato sospetti tra gli inquirenti.
La versione di Giada Crescenzi
L’indagata ha fornito una ricostruzione dei fatti, affermando di non aver sentito nulla durante la notte, nonostante avesse preso farmaci per il sonno. Ha anche menzionato di aver utilizzato i tappi per le orecchie. Tuttavia, non ha notato subito il corpo della vittima, né le tracce di sangue presenti nella casa.
Una versione “illogica”
Il giudice ha considerato illogica la sua versione, evidenziando discrepanze significative rispetto agli elementi raccolti dalle indagini e alla presenza di tracce ematiche in vari punti dell’abitazione.
I punti fermi dell’indagine
Gli investigatori sostengono che ci sia un quadro indiziario solido basato sulla presenza di tracce ematiche riconducibili all’indagata e sulle ricerche effettuate nei giorni antecedenti all’omicidio. Si ipotizza che la vittima possa esser stata avvelenata o narcotizzata, il che spiegherebbe l’assenza di rumori durante l’aggressione.
I dubbi da chiarire
Resta incerta la questione se l’indagata possa aver agito da sola. Le autorità hanno in programma ulteriori accertamenti nella casa della vittima con specialisti per raccogliere ulteriori prove.
Il super consulente
La famiglia della vittima ha nominato un esperto per le indagini che guiderà un’equipe di specialisti nel nuovo sopralluogo.