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L’abolizione dell’abuso d’ufficio è legittima.

Secondo la Corte costituzionale, la cancellazione del reato di abuso d’ufficio, approvata dal ministro della Giustizia, è legittima. La Corte ha comunicato di non aver ritenuto ammissibili quasi tutti i ricorsi presentati negli ultimi mesi, confermando che la cancellazione del reato non viola gli accordi internazionali firmati dall’Italia.

Il reato di abuso d’ufficio riguardava illeciti commessi da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni ed era disciplinato dall’articolo 323 del codice penale, prevedendo pene detentive da uno a quattro anni. Era contestato soprattutto dai sindaci, in quanto l’interpretazione era considerata troppo estensiva, portando a accuse anche per errori involontari dovuti a decisioni o firme.

Il timore di accuse ha spinto molti pubblici ufficiali a non firmare autorizzazioni e atti, rallentando così procedure e processi amministrativi. Negli ultimi anni, oltre il 90% dei processi per abuso d’ufficio si era concluso con archiviazioni o assoluzioni.

La cancellazione di questo reato, obiettivo importante della riforma della giustizia, era stata contestata da 14 ordinanze diverse presentate da vari livelli del sistema giudiziario, compresa la Corte di Cassazione.

L’unico ricorso considerato legittimo dalla Corte costituzionale è stato quello di un avvocato, che contestava la violazione degli accordi internazionali previsti dalla convenzione di Merida del 2003, che impegnava l’Italia a contrastare la corruzione. I giudici hanno ritenuto il ricorso infondato, spiegando che gli accordi di Merida non obbligano gli stati a mantenere il reato di abuso d’ufficio o a vietarne l’abrogazione. Ulteriori dettagli sulla decisione saranno forniti nelle motivazioni nelle prossime settimane.


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