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La frenesia della maternità consapevole

Ho sentito in tv e sui giornali le esultanze per il riconoscimento delle famiglie lesbiche grazie a una recente sentenza della Corte Costituzionale. È stato detto che la cosa più importante era salvaguardare i bambini, riconosciuti finalmente nei loro diritti e affetti. Per rendere più persuasiva la posizione, si affermava che si stava semplicemente riconoscendo la realtà, senza più negare la vita e l’evidenza. Mi sono allora chiesto: cosa accadeva prima di questo pronunciamento della corte e cosa sarebbe successo senza? Bambini strappati dalle madri adottive, costretti ad abortire o a lasciare i frutti della loro esistenza in luoghi indotti dalla colpa. Anche se, guardando la realtà, sembra che non cambierà nulla: questi bambini continueranno a vivere con le due mamme lesbiche, e se vivranno incertezze sarà per la natura della loro situazione. Non avere un padre e non vivere in una famiglia tradizionale può influire su di loro, ma le loro condizioni di vita non cambieranno sul piano pratico o affettivo.

Non sono un giurista, ma osservo che l’unica vera implicazione di questa sentenza sembra essere che, in caso di separazione, la madre aggiuntiva avrà il diritto di vedere il figlio adottivo come accade per i padri nelle separazioni; in caso di morte della madre biologica, la madre aggiunta subentrerà nel ruolo genitoriale. Questo avrebbe potuto essere regolato con una legge del Parlamento, rendendo più agile l’adozione, senza alterare la definizione di maternità e paternità.

Restando sul tema delle motivazioni, non è in gioco la realtà, ma un simbolo racchiuso in un termine: maternità intenzionale. Si considera madre una donna che convive con la madre biologica, nonostante non abbia partecipato alla fecondazione. Ciò che conta non è il fatto di essere madre, ma l’intenzione di sentirsi tale. Questo principio trascende la questione omosessuale, negando la realtà e la tradizione, come anche il riconoscimento della differenza biologica tra maschio e femmina. È un’idea che mette al centro l’individuo e il suo sentire, rimuovendo il peso dell’evidenza e della realtà.

Se si può applicare questo principio al sesso, perché non estenderlo ad altri ambiti, come l’età? Se una persona si sente giovane, perché negargli di essere considerato tale? E se un giovane si sente pensionato, perché impedirgli di ricevere la pensione anticipata? Portando il principio alle estreme conseguenze, si potrebbe anche affermare di sentirsi un altro essere. Si tratta di un paradosso, ma volendo sottolineare che la nascita è una cosa seria e sacra. Ci sono madri adottive straordinarie, così come esistono madri biologiche non all’altezza. Tuttavia, non si può ignorare la natura, la differenza, la realtà e la paternità nel nome di eccezioni o desideri. La realtà e l’intenzione sono due aspetti distinti; da tempo giustifichiamo errori con buone intenzioni, ma è noto che la via dell’inferno è lastricata da esse.

Quando si potrà parlare della possibilità di sentirsi figli intenzionali di madri estranee? Questo sarebbe un progresso, anzi, una vera rivoluzione.


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