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La Cassazione riapre il caso Albania, rinvio alla Corte Ue.

Il centro di Gjadër, trasformato in Cpr, potrebbe svuotarsi nuovamente dopo la pregiudiziale della suprema corte, che ha chiesto ai giudici europei di esaminare la compatibilità delle norme italiane con la direttiva rimpatri e la direttiva accoglienza.

I centri per migranti in Albania potrebbero essere di nuovo svuotati. La Corte di cassazione ha cambiato orientamento e, con una recente decisione, ha rinviato due cause alla Corte di giustizia dell’Unione europea, complicando i tentativi del governo di mantenere l’intesa con Edi Rama. I rinvii riguardano la compatibilità delle norme italiane con le direttive europee sui rimpatri e sull’accoglienza.

Non è un evento nuovo, poiché i giudici italiani hanno già rinviato in passato questioni alla Corte europea. Nel 2024, una sezione specializzata del tribunale di Roma aveva già fatto riferimento alla Corte di Lussemburgo per discutere il concetto di paese di origine sicuro, creando difficoltà all’attuazione del protocollo che prevedeva il trattenimento di migranti provenienti da nazioni sicure salvati in acque internazionali.

Ora, un altro aspetto della questione si sta complicando: lo scorso marzo, il governo ha ampliato le funzionalità delle strutture in Albania, trasformandole in centri di permanenza per il rimpatrio. Senza modificare la legge di ratifica, è stata consentita la trasferibilità di persone senza permesso di soggiorno trattenute nei Cpr italiani, dopo che pronunce precedenti avevano costretto il Viminale a liberare e trasferire in Italia i richiedenti asilo portati a Gjadër.

Pregiudiziale

Con la nuova decisione, la prima sezione penale della Cassazione ha modificato una sua precedente posizione, stabilendo ora che il trattenimento di un cittadino straniero nel centro per i rimpatri di Gjadër potrebbe non essere legittimo se il richiedente ha presentato domanda di asilo. I giudici hanno interrogato la Corte di giustizia se la direttiva europea sui rimpatri ostacoli o meno l’applicazione del protocollo Italia-Albania, che prevede il trasferimento di persone senza una prospettiva di rimpatrio definita. Anche nella seconda causa, è stato chiesto se il trasferimento di un richiedente asilo rispetti la normativa europea sull’accoglienza.

Si attende la pubblicazione delle motivazioni. I rinvii, derivanti da ricorsi del Viminale contro le decisioni della Corte d’appello, potrebbero indurre i giudici italiani a negare ulteriori convalide nel frattempo. Nonostante la richiesta di procedura d’urgenza, i tempi potrebbero prolungarsi. La Corte Ue si pronuncerà sui paesi sicuri a ottobre, dopo un lungo intervallo.

È probabile che i giudici continuino a non convalidare i trattenimenti dei richiedenti asilo in Albania, in base a precedenti decisioni che hanno criticato e messo in dubbio la legittimità della sentenza della Cassazione. Inoltre, potrebbero sorgere questioni legate al diritto di difesa e alla tutela della libertà personale.

In termini di competenza, anche per chi non richiede asilo, spetterà al giudice di pace decidere, il quale non dovrebbe ignorare le pronunce della Cassazione.

Orientamenti

Il passaggio di competenza dalla sezione civile a quella penale rappresenta uno dei vari interventi del governo per rendere operativi i centri. La Cassazione ha già indicato possibili cambi di orientamento, riallineandosi con giurisprudenze pregresse. Tuttavia, le recenti decisioni non hanno soddisfatto le aspettative del governo.

Queste situazioni indicano dubbi sulla compatibilità dell’intero schema con il diritto europeo e la Costituzione italiana. Le critiche si concentrano su un’operazione percepita come propagandistica e confusa, con impatti diretti sulle persone coinvolte. La cinquantina di persone attualmente recluse in Albania potrebbe quindi rientrare in Italia.


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