Il killer non ha lavato le mani, nuova ricostruzione.
Il killer non si lavò le mani. Questo scenario si discosta da quanto ricostruito nelle condanne a 16 anni di carcere nei confronti del fidanzato della vittima, su cui la nuova inchiesta della Procura di Pavia sta cercando di fare luce. L’attenzione è rivolta a un amico del fratello della vittima. Si ripropone una lettura alternativa, se confermata dagli accertamenti, che potrebbe supportare le indagini in corso.
Un elemento centrale è il dispenser del sapone nel bagno al piano terra, su cui sono state trovate impronte che, secondo i giudici, sarebbero una prova contro il fidanzato. Sebbene sia stato accertato che il lavandino era privo di tracce ematiche, si attesta anche che fosse impossibile che fosse stato lavato in un certo modo.
In questo contesto, emerge anche un’interessante impronta sulla porta d’ingresso, che potrebbe essere stata lasciata dall’assassino. Ulteriori indagini hanno portato alla luce la testimonianza di un agricoltore che, 18 anni fa, potrebbe aver udito ciò che accadeva tra la vittima e il killer.
Si segnala infine che, durante indagini passate, un anziano sostenne di conoscere la verità sull’omicidio e che potrebbero esserci ulteriori dettagli da esplorare. Al momento, però, questi aspetti non rientrano nell’inchiesta attuale.