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I segreti del Conclave: accordo per l’elezione.

La sofisticata operazione che ha chiuso le votazioni

Nella transizione da un papato all’altro si ripetono tre momenti fondamentali.
Il primo momento è quello in cui si posano attorno alla bara del Papa morto i “nessuno come lui”, le “cesure irreversibili” e affetti profondi. Il Papa, privo di potere temporale, è amato, specialmente in un’epoca in cui i vescovi muoiono in ricoveri per preti, a seguito di pensionamenti. È l’unico in grado di insegnare come lasciarsi abbracciare da sorella morte: un concetto che nel mondo attuale ha un valore speciale.

Il secondo momento è quello del totopapa: un esercizio di anticipazione elettorale influenzato da elementi esterni che spesso non hanno compreso le dinamiche interne al Conclave.

Il terzo momento è quello del post-conclave, in cui giunge l’immagine che il nuovo Papa ha ricevuto quasi-unanimità, mascherando le linee di divisione reali fra i cardinali.

È stato quasi-unanime il conclave di Leone XIV? No, in quanto non è mai stata una pratica necessaria, e inoltre, negli ultimi tempi, questo scenario non si è mai verificato. Le recenti elezioni papali sono il risultato di strategia politica e diplomatica.

Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il nome di Scola è stato inizialmente favorito, ma la paziente strategia che ha guidato la candidatura di Bergoglio ha dimostrato la sua efficacia, passando da 12 voti al primo scrutinio a oltre 2/3 successivamente.

Nel 2025, Papa Francesco ha voluto il cardinale Prevost a Roma subito dopo la morte di Benedetto XVI, segnando la nuova fase del suo pontificato. Questo è apparso come un chiaro endorsement a una figura capace di navigare tra le sfide del momento.

Sugli scrutini ci sono solo confidenze non verificabili. Alcuni sostengono che Parolin e Prevost avrebbero avuto consensi significativi sin dalle prime votazioni, essenzialmente bloccando l’andamento del Conclave.

Il rischio di un reset simile a quello di Wojtyla si è risolto non con l’unificazione dei voti ma con un accordo diverso, il cui risultato potrebbe emergere nel tempo.

Questa “operazione” ha chiuso il Conclave, unendo schemi di pensiero differenti e creando una base comune per il futuro.

L’idea che Parolin possa aver orchestrato un accordo strategico per mantenere la Segreteria di Stato sottovaluta la sua sostanziale integrità e diplomaticità; il suo ruolo partecipa della nuova visione della Chiesa.

Il primo comunicato del nuovo Papa segna il cambiamento di direzione, ponendo interrogativi sulle nomine future e sul futuro della Curia Romana.


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