Cosa può cambiare per Alberto Stasi.
La Procura di Pavia sta indagando su “4 capelli neri lunghi” trovati nel lavabo della casa di Chiara Poggi, nella speranza di rivedere le prove relative al delitto di Garlasco. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, questi capelli dimostrerebbero che il “lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue”, mettendo in discussione una delle principali prove contro Alberto Stasi: il lavaggio del lavabo da parte dell’assassino, come riconosciuto nelle sentenze, in prossimità di un’impronta di scarpa insanguinata sul tappetino del bagno e le ‘innaturali’ impronte digitali degli anulari di Stasi sul dispenser del sapone durante il risciacquo.
Secondo gli investigatori, i capelli, trovati privi di bulbo e quindi inutilizzabili per accertamenti genetici, sono stati fotografati durante un sopralluogo nella villa di via Pascoli, con uno scatto catalogato come ‘DSC03064’. Si ipotizza che “sarebbero stati portati via dall’acqua” in caso di risciacquo, come riportato negli atti. Questo elemento era già stato sollevato in precedenza, ma era stato respinto dai magistrati che si erano occupati del caso di Garlasco e delle indagini successive su Andrea Sempio, ritenendolo “privo di fondamento logico”. È infatti “processualmente accertato”, dalla fotografia di una mano insanguinata sul pigiama della 26enne uccisa e dalla ricostruzione delle azioni del killer, che “l’assassino aveva le mani imbrattate di sangue e si è recato in bagno per lavarsi”.
La presenza di 4 capelli sul fondo sarebbe compatibile con un risciacquo in momenti concitati, poiché “il sangue, liquido e solubile in acqua, viene lavato molto più facilmente dei capelli che, per forma e lunghezza, tendono a restare sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio”. Inoltre, quei capelli, per forma e lunghezza, sarebbero “di Chiara Poggi” e potrebbero essere stati “recisi a causa dei colpi inflitti e rimasti sulle mani insanguinate dell’assassino”, come evidenziato nella memoria presentata dall’ex comandante del Ris, Gianpietro Lago, durante il processo d’appello bis nell’udienza del 6 ottobre 2014. Secondo l’allora tenente colonnello, la vittima “è stata colpita al cranio con un oggetto contundente dotato di un bordo tagliente che ha reciso numerosi capelli”. Questo spiegherebbe l’assenza di bulbo, rendendoli inutilizzabili per accertamenti genetici, ma la loro presenza potrebbe dimostrare che il killer si è “effettivamente lavato le mani”.