News

Bidello di Firenze licenziato per legami con la mafia.

Firenze, 12 maggio 2025 – Per circa due anni ha lavorato come bidello in una scuola superiore di Firenze. Era riuscito a ricominciare, lasciandosi il passato alle spalle. Tuttavia, il 5 luglio 2023, la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che lo condannava a tre anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, è stata confermata dalla Corte di Cassazione.

L’uomo, 39enne originario di Petralia Sottana (Palermo), era accusato di favoreggiamento: ha fatto da ‘ponte’ tra due membri di Cosa Nostra, il boss della famiglia mafiosa Cammarata e un reggente del mandamento di San Mauro Castelverde. Tutti e tre sono stati coinvolti nella maxi operazione “Montagna” coordinata dalla Dda di Palermo nel 2018, che ha portato a 56 arresti e ha disarticolato le famiglie mafiose nell’Agrigentino. Anche lui, all’epoca 28enne e dipendente dell’Asl locale, ha scontato qualche mese in carcere. Una volta libero, si è trasferito a Firenze con la famiglia.

La decisione della Suprema Corte è stata depositata il 5 luglio 2023 e, tredici giorni dopo, l’ufficio territoriale di Firenze del ministero dell’Istruzione gli ha notificato la sanzione disciplinare del licenziamento. Assistito da avvocati, ha presentato ricorso a febbraio del 2024, ma la sezione lavoro del tribunale di Firenze ha rigettato il ricorso.

La giudice ha ritenuto troppo gravi le condotte dell’uomo, confermate dallo stesso durante un interrogatorio nel giugno del 2018, considerando anche “le peculiari caratteristiche del settore scolastico” che mira a garantire le esigenze di educazione e formazione degli studenti. I documenti presentati dai legali, riguardanti l’accesso alla semilibertà e l’affidamento in prova ai servizi sociali, non sono stati sufficienti. L’uomo, che si è consegnato in carcere al momento della sentenza, è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali.

Dai documenti dell’indagine emergono episodi nel 2015 in cui l’uomo, consapevole dell’appartenenza dei due accusati a potenti famiglie mafiose, li ha aiutati a eludere le indagini degli inquirenti, cedendo utenze telefoniche e facilitando i loro colloqui, oltre a fungere da intermediario negli incontri, veicolando messaggi tra di loro.

In tre gradi di giudizio, dopo una prima condanna a tre anni, gli è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. La Cassazione ha sottolineato come la pena sia stata “blanda” rispetto a una condotta “grave e reiterata” che ha consentito ai membri di Cosa Nostra di articolare le proprie trame delittuose.


Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio