Assalto a portavalori a Livorno: identità dei banditi sardi.
Alcuni sono incensurati, altri hanno una lunga fedina penale, anche per reati di rapina specifici. Il colpo è stato pianificato per mesi. In Sardegna svolgevano attività di allevatori, mentre in Toscana avevano una base a Pisa.
Uno di loro è stato arrestato a Bologna, ma si trovava lì solo per motivi personali; le sue origini sono in Sardegna, tra Ogliastra e Barbagia. Un altro, arrestato a Pisa, è un sardo trasferitosi in Toscana, mantenendo i legami con la sua terra d’origine.
Altri nove membri del commando che a marzo ha bloccato due portavalori sull’Aurelia a Livorno, portando via 3 milioni di euro, sono stati arrestati; le loro età variano tra i 33 e i 54 anni.
Sono stati catturati all’alba in una maxi-operazione che ha coinvolto almeno trecento carabinieri, anche dai reparti speciali dell’Arma.
I colpevoli risiedono tutti in Sardegna, nelle zone citate in precedenza, nella piana di Ottana, in Baronia e Goceano.
L’assalto
I malviventi, allevatori o coltivatori diretti – una facciata per non destare sospetti – si erano organizzati in partenze scaglionate dalla Sardegna e avevano costruito alibi di copertura: dalla presenza a una fiera in Umbria all’acquisto di un macchinario agricolo in Emilia Romagna.
Uno di loro, il “palo”, ha vigilato per oltre tre ore nel tratto di Aurelia poi coinvolto nel blitz, monitorando i movimenti. Il più anziano degli arrestati, 54enne residente a Pisa, ha fornito ospitalità ai complici, ospitando i suv Volvo usati per bloccare i portavalori e offrirendo rifugio ai colpevoli nella notte successiva al colpo.
Chi sono
Alcuni sono incensurati, altri hanno una lunga fedina penale, anche per reati specifici di rapina.
Secondo l’ordinanza di custodia cautelare, questi individui sono i responsabili, in qualità di autori materiali o di supporto, dell’assalto a due furgoni portavalori, avvenuto il 28 marzo lungo l’Aurelia. L’operazione, che ha bloccato il traffico per circa un quarto d’ora, ha fruttato un bottino di circa tre milioni, i quali erano destinati agli uffici postali di Grosseto.
Un colpo pianificato nei dettagli per mesi.
Degli undici arrestati, almeno otto sono i membri, travisati e armati, del commando responsabile del blitz, filmato da automobilisti e testimoni nella zona densamente abitata. Gli assalitori hanno usato fucili mitragliatori, sparando decine di colpi sull’asfalto, bloccando i due furgoni nella morsa di altri mezzi e attaccando i vigilantes, che non hanno potuto opporsi.
- Alberto Mura (classe 1985), Ottana
- Antonio Moni (1979), Castelnuovo Val di Cecina
- Francesco Palmas (1980), Jerzu
- Francesco Rocca (1978), Orotelli
- Franco Piras (1979), Bari Sardo
- Giovanni Columbu (1985), Ollolai
- Marco Sulis (1989), Villagrande Strisaili
- Nicola Fois (1992), Girasole
- Renzo Cherchi (1986), Irgoli
- Salvatore Campus (1974), Olzai
Un colpo quasi perfetto, avvenuto alle sei di sera, condotto con ferocia e efficienza. Tuttavia, è stato “quasi” che ha permesso alle indagini dei carabinieri di smantellare il gruppo di fuoco.
Che fossero sardi è emerso subito, dalle testimonianze che descrivevano bande con l’accento dell’isola. Il lavoro investigative, condotto con rapidità e precisione, ha permesso di analizzare gli indizi lasciati dai malviventi, come le auto rubate e ritrovate, le tracce biologiche e altro, portando così al rintraccio.
Le indagini e il bigliettino «dimenticato»
Secondo quanto comunicato, a tradire i malviventi sarebbe stato anche un bigliettino con due numeri di telefono, dimenticato in un fienile tra le pecore, dove i carabinieri hanno sorpreso due persone dormienti durante i controlli dopo l’assalto. Questi due si sono rivelati membri del commando, e i numeri di cellulare hanno permesso di ricostruire l’intera rete di contatti della banda.
In un caso molto rilevante, tra le ceneri di un fuoco, sono stati rinvenuti i resti di un cellulare. Analizzando i contatti telefonici, sono stati identificati gli esecutori materiali del colpo – otto persone – mentre altre tre erano preposte all’osservazione dei movimenti dei portavalori.
In un mese, le forze dell’ordine avevano già completato il loro rapporto finale; il tempo successivo è stato necessario affinché la procura richiedesse le ordinanze di custodia cautelare che sono state approvate. Poi è scattato un controblitz, altrettanto clamoroso.
Le indagini dell’operazione “Drago” hanno fatto uso anche delle immagini delle telecamere pubbliche e private della zona del blitz, e dell’attività di intercettazione dei protagonisti del colpo. Con i rilievi dei Ris, i carabinieri di Cagliari hanno analizzato i sospettati, mentre durante una perquisizione a uno degli indagati è stato rinvenuto un “burner phone” utilizzato per mantenere i contatti tra i membri della banda.
L’assalto è stato pianificato dettagliatamente con furti di mezzi utilizzati per bloccare i portavalori e per la fuga, alcuni dei quali avvenuti a più di 100 km di distanza a Senese. Le auto utilizzate dai malviventi sono state abbandonate nelle campagne livornesi e pisane, segnando l’inizio della caccia all’uomo ora conclusa.