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Strage a Monreale, giovani e una pistola per carriera.

Un’analisi sull’infanzia allo Zen e la ascensione nelle gerarchie criminali, evidenziando la regola dell’omertà.

Osservate bene questa foto, guardate i volti di questi due ragazzi di 19 e 18 anni. Se li incrociaste per strada, vi metterebbero paura? Se si avvicinassero in motorino, mettereste al sicuro la borsa? Avreste paura di incontrarli di notte? Non credo.

So già che state pensando che l’aspetto non conta e che non è possibile giudicare una persona solo osservando una foto, ma non è così scontato. Questa foto mostra due ragazzi che non hanno ancora lasciato l’adolescenza; a sinistra, uno poco oltre il metro e cinquanta, con un’ombra sotto il naso. A ben vedere, è possibile percepire gli sfottò che hanno subito allo Zen — il quartiere di Palermo dove sono nati — quando arrivavano nei gruppi: «stannu vinennu u nanu e u chiattuni» (stanno arrivando il nano e il ciccione).

Vestono come tutti i ragazzi di periferia che tentano di nascondere la povertà ostentando marchi dei veri privilegiati. Questi due ragazzi sono accusati di strage, la strage di Monreale. Uno di questi ha sparato e ucciso tre persone, l’altro è accusato di aver assistito e incitato. Restano a terra 3 morti.

In quanti hanno sparato? 20 bossoli a terra. Qualcosa non torna, troppi per una pistola sebbene i caricatori non superano un certo numero di colpi. Dopo poche ore, il giovane si consegna alle forze dell’ordine ma inizialmente denuncia il furto del motorino per cercare di depistare. Durante l’interrogatorio, però, fa scena muta, avvalendosi della facoltà di non rispondere.

La regola dell’omertà è rispettata. Ammettere di aver sparato è una cosa, dichiarare chi ti ha dato l’arma è un’altra. E,ppure, durante la confessione fa trapelare un’informazione importante: «Ci sparai tri colpi». Tre colpi? E i 20 bossoli? Anche il suo amico ripete le stesse ommissioni.

Guardando la foto, potreste considerarli come criminiali privi di scrupoli che hanno ucciso per violenza. È vero, ma questo non offre una comprensione del contesto. Le armi rappresentano per molti un modo di guadagnare rispetto e riconoscimento. Come possono due ragazzi come questi fare paura? Con le armi.

Il laboratorio Zen Insieme riporta tassi di disoccupazione giovanile altissimi, con migliaia di giovani senza lavoro. Non significa che tutti ricorrano alla violenza, ma per molti, l’arma diventa un mezzo per farsi notare.

Quello che accade è che questi due ragazzi sono come tutti i loro coetanei, condividono le stesse ambizioni e ansie. Quando una pistola diventa il mezzo per farsi notare, eventi come quello di Monreale possono ripetersi. La pistola non è solo un simbolo di arroganza, ma uno strumento per scalare le gerarchie sociali.

Se non si interromperà il legame con il loro ambiente di crescita, questa strage segnerà il loro ingresso nel mondo criminale. Questa foto rappresenta un aspetto della società attuale.


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