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Stop a strade e ferrovie pacifiche: ora è reato.

Dal 5 giugno 2025, chi blocca fisicamente una strada o una ferrovia rischia il carcere. Con l’approvazione della legge di conversione del Decreto Sicurezza, l’Italia introduce misure più severe contro le manifestazioni che interferiscono con la circolazione pubblica.

Sedersi o sdraiarsi sull’asfalto per ostacolare il transito, anche in modo pacifico e solitario, è considerato reato. La pena può arrivare fino a 30 giorni di carcere o a una sanzione pecuniaria fino a 300 euro. Se l’azione è compiuta da più persone, la sanzione può arrivare fino a due anni di reclusione.

Prima dell’entrata in vigore del decreto, tali gesti di protesta erano considerati illeciti amministrativi, con multe tra 1.000 e 4.000 euro, senza conseguenze penali. Episodi simili, come quelli degli attivisti di “Ultima Generazione”, non comportavano arresti.

La maggioranza di governo considera la misura una garanzia per l’ordine pubblico, mentre le opposizioni la vedono come una deriva autoritaria. Le critiche riguardano soprattutto la sanzionabilità della resistenza passiva non violenta, come l’azione di sedersi in segno di protesta.

In Italia, il diritto di manifestare pacificamente è tutelato dalla Costituzione, ma può essere limitato per motivi di ordine pubblico o sicurezza, solo tramite misure proporzionate, necessarie e non discriminatorie. La nuova norma prevede pene detentive anche per la resistenza passiva non violenta, rappresentando un cambiamento significativo rispetto alla disciplina precedente, che prevedeva solo sanzioni amministrative.

Ulteriori inasprimenti riguardano chi si oppone alla realizzazione di opere strategiche. Se la contestazione include minacce a pubblici ufficiali coinvolti nei lavori, si applicheranno aggravanti specifiche per scoraggiare mobilitazioni contro determinati progetti, come il Ponte sullo Stretto o i cantieri ad alta velocità.


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