Senze auto e fobia del traffico, ma sempre me stesso.

Recentemente, un post di una giovane triestina ha generato accese discussioni online, in cui affermava che “un maschio senza auto dopo i 24 anni non è un uomo”. Questa frase provocatoria ha innescato un dibattito animato, suscitando reazioni di offesa e difesa, sia con ironia che comprensione. Tra le numerose risposte, spicca quella di un giovane triestino d’adozione che ha riportato il discorso su un altro piano.
“Più che di uomini con o senza macchina, parliamo di umanità”, scrive nel suo intervento. Una risposta decisa, priva di insulti, che sottolinea il bisogno di riconsiderare il significato di essere uomini e, soprattutto, esseri umani.
“Io non ho l’auto. E ho la fobia del traffico. Ma non mi sento meno uomo”
Nel suo messaggio, confessa di non possedere un’auto a causa di una vera e propria fobia del traffico. Riflessioni profonde emergono: “Se questo non fa di me un uomo, allora non voglio essere un uomo”. L’accento è posto sul fatto che l’identità maschile non può essere ridotta al possesso di un mezzo, ma deve fondarsi su valori più sostanziali. Aspira a essere un essere umano di qualità, che privilegia la sostanza alla superficialità.
Nelle sue parole, emerge una dimensione più ampia: non si tratta solo di uomini e automobili, ma di cosa distingue l’essere uomo dall’essere umano. “Quelli sono argomenti che meritano approfondimento”, aggiunge, spostando l’attenzione su temi come rispetto, empatia e responsabilità.
“Parliamo di violenza, non di macchine”
Uno dei passaggi più incisivi riguarda la violenza maschile, considerata molto più urgente del dibattito sull’auto. “Bisognerebbe parlare di come gli uomini – magari con più di un’auto – stanno sterminando bambini innocenti”, scrive, evidenziando l’urgenza del tema.
Il messaggio è chiaro: la vera emergenza non risiede nel possesso di automobili, ma nell’aggressività e nell’oppressione. “Gli uomini, con o senza auto, dovrebbero imparare a non essere violenti”, conclude, riportando alla ribalta questioni universali e profonde.
Un confronto che invita al rispetto
Non mancano riflessioni sul tono spesso aggressivo dei commenti, che diventano superficiali. “La patente per stare al mondo e portare rispetto alle persone non la rilasciano”, si osserva amaramente, suggerendo un approccio più empatico e maturo nei dibattiti.
Così, il confronto sui social ha assunto una piega inaspettata. Da una provocazione sull’identità maschile legata all’auto, si è evoluto verso una riflessione più ampia su violenza, rispetto, comunicazione e valori condivisi.
Questa discussione ha riportato sul piano umano un tema al centro del dibattito pubblico. Un elemento significativo che non va trascurato.