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Caos autovelox: due sentenze contrastanti in 24 ore.

Un professorato evidenzia: «Dalla seconda sentenza arrivano aggravi sproporzionati per i cittadini a causa della mancanza dello Stato, senza che i ricorsi si fermino». Un esperto sostiene: «Meglio spegnere tutto». Un comandante esprime: «Siamo stanchi di attendere da 33 anni».

Due ordinanze, firmate nello stesso giorno dalla stessa sezione della Cassazione. Una stabilisce l’annullamento di tutte le multe elevate tramite autovelox, in quanto gli strumenti sono stati approvati ma non omologati. L’altra conferma questo orientamento ma alza il livello di difficoltà per gli automobilisti, aggiungendo che per ottenere l’annullamento delle sanzioni serve anche una querela di falso contro chi ha redatto il verbale. La questione sui misuratori di velocità era emersa il 18 aprile 2024, quando la Suprema Corte aveva stabilito che omologazione e approvazione non sono sinonimi e, mancando la prima, le multe dovevano essere annullate. Da quel momento, la Corte ha confermato tale orientamento in diverse pronunce, incluso un caso dove una nuova sentenza ha disposto la restituzione dei punti dalla patente dell’automobilista.

Asticella alzata

«In effetti, che gli autovelox in Italia non siano stati omologati secondo il Codice della Strada è un fatto noto», si legge nel commento del professor di diritto amministrativo. Il decreto ministeriale per stabilire i criteri di omologazione non è mai stato adottato, quindi nessun autovelox è formalmente omologato. Con la sentenza 13997/2025, per ottenere l’annullamento della multa, la Corte ribadisce che è necessaria sia l’approvazione sia l’omologazione degli autovelox per la validità delle sanzioni. Tuttavia, con verbali contenenti false attestazioni, si complica la questione, costringendo i sanzionati a intraprendere ben due giudizi, peraltro con esito certo. Tale aggiunta non era presente nella sentenza 13996, che aveva semplicemente annullato una multa senza richiedere la querela di falso.

I ricorsi

L’alzamento dell’asticella potrebbe non disincentivare i ricorsi, anzi. «Anche se l’orientamento della sentenza n. 13997 fosse isolato, questo non potrebbe arginare i contenziosi. Anzi, rischia solo di moltiplicarli inutilmente», avverte l’esperto. Un Comune di una grande città italiana è già stato condannato per questo motivo. La questione è tutt’altro che formale. Inoltre, sulla base dell’ultima sentenza della Cassazione, il verbale redatto dalla polizia ha una fede privilegiata, quindi, se dichiara che l’autovelox è omologato, quella dichiarazione vale fino a prova contraria tramite querela di falso.

L’aggravio

«È un aggravio sproporzionato – commenta l’esperto – che riguarda il cittadino a causa di una mancanza dello Stato che non ha mai emesso il decreto tecnico attuativo». Questo vuoto normativo è noto da 33 anni. La Cassazione ha ripetutamente affermato che l’assenza di omologazione rende la sanzione illegittima, ma ora la situazione si complica ulteriormente.

Le reazioni

Le conseguenze interessano tutti: i cittadini e i comandi di polizia. «Se è così, basta. Spegniamo tutto», commenta provocatoriamente un rappresentante dell’associazione amici della polizia stradale. Si solleva il dubbio che in Italia non si desideri davvero il controllo sulla velocità, specialmente di fronte ai recenti tragici eventi sulle strade. Ogni multa per autovelox diventa un rischio, con il verbale che deve contenere specifiche informazioni per evitare contestazioni. Un comandante della Polizia Locale di Verona fa notare che «siamo tutti sospesi poiché ancora manca il decreto ministeriale dopo 33 anni. Non possiamo permettere che ogni nostra multa possa essere annullata dai giudici». Negli ultimi mesi, una bozza di decreto sul tema autovelox è stata ritirata dal Ministero delle Infrastrutture dopo polemiche. Un’interrogazione parlamentare è stata presentata per sollecitare una regolamentazione urgente. La situazione di incertezza continua a generare problemi pratici e giuridici, con comuni costretti a spegnere dispositivi.

Intanto, le multe persistono, i ricorsi aumentano e gli introiti potrebbero trasformarsi in perdite a causa delle decisioni dei giudici. La legalità deve valere per tutti, inclusa la pubblica amministrazione.


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