Automotive

Stelle e tagli: l’industria EV europea in crisi.

Dall’impianto sostenibile di Bruxelles alla storica fabbrica Ford di Colonia, molti stabilimenti europei dedicati all’auto elettrica si trovano oggi in difficoltà. Alcuni sono fermi, altri hanno subito tagli e in diversi casi si parla apertamente di chiusura, spesso poco dopo l’avvio delle attività o il completamento di costosi interventi di riconversione.

Le cause sono molteplici, ma una delle principali è l’andamento delle vendite, nettamente inferiore alle previsioni. A complicare ulteriormente il quadro c’è la crescente pressione dei costruttori cinesi, che evidenziano le debolezze strutturali dell’industria europea, in particolare riguardo ai costi e alla flessibilità produttiva. I dazi, pensati per frenare questa avanzata, rischiano di colpire più i marchi europei che i rivali asiatici, aggravando la crisi.

In questo scenario, si delinea una mappa sempre più complessa di stabilimenti – non solo di auto elettriche ma anche di batterie – che attraversano una fase critica. Un segnale d’allarme per l’industria continentale, chiamata a ripensare strategie, investimenti e priorità per non perdere terreno nella corsa globale alla mobilità elettrica.

Audi Bruxelles (Belgio)

Dopo un investimento che l’ha resa una delle prime al mondo 100% carbon neutral, la storica fabbrica belga, diventata Casa della Audi Q8 e‑tron, ha affrontato un brusco calo della domanda di modelli premium elettrici. Dopo una lunga fase di trattative, che includeva la ricerca di possibili acquirenti per l’impianto o per la forza lavoro, circa 3.000 addetti, lo scorso febbraio è stata ufficialmente chiusa.

BMW Oxford (Regno Unito)

Il famoso impianto produttivo del marchio MINI a Cowley, nel comprensorio di Oxford, doveva essere rinnovato per l’assemblaggio di modelli elettrici con un investimento di ben 600 milioni di sterline. BMW ha però sospeso il progetto a causa della riduzione delle vendite generali e degli oneri extra per le auto prodotte in Cina.

Ford Colonia (Germania)

Lo storico stabilimento che produceva in grandi volumi la Ford Fiesta è stato convertito a maggio 2024 per la produzione dei SUV elettrici Explorer e Capri, realizzati sulla piattaforma MEB di Volkswagen. Tuttavia, già a dicembre l’attività ha subito un rallentamento a causa della scarsa domanda e la Casa ha confermato il piano di taglio di circa 2.900 dei 10.000 addetti, partendo da licenziamenti volontari con incentivi per gli esodi anticipati.

Northvolt Skelleftea (Svezia)

Il progetto per creare un polo europeo per le batterie è naufragato a causa della scarsa competitività della filiera, che ha ridotto i margini di guadagno e reso difficile pareggiare gli ingenti investimenti iniziali. Northvolt, una delle realtà più promettenti, ha chiuso l’attività dopo meno di un anno.

Stellantis Luton (Regno Unito)

La fabbrica britannica di Luton ha chiuso, avendo sfornato per decenni modelli di origine Opel marchiati Vauxhall. L’attività è stata trasferita nell’impianto di Ellesmere Port, accompagnata da un investimento di 50 milioni di sterline.

Stellantis Mirafiori (Italia)

Da punta di diamante a fabbrica-fantasma, Mirafiori ha assistito a un drastico calo della produzione. Non è bastato accogliere le linee di montaggio Maserati e concentrarsi su modelli come la 500e, la produzione è diminuita, portando a periodi di stop forzato.

Volkswagen Zwickau (Germania)

Volkswagen ha operato una massiccia conversione delle fabbriche, e quella di Zwickau è stata tra le prime a prepararsi per la nuova famiglia I.D., in particolare ID.3 e ID.4. Qui, vendite inferiori alle attese e costi maggiori rispetto alla concorrenza cinese hanno già generato un piano per ridurre la produzione del 50%, pur mantenendo i posti di lavoro fino al 2030.


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