Storia

Il colonialismo russo: analisi di K. Margolis, Memorial Italia

Parlare del colonialismo russo è complesso, in quanto non è stato chiaramente definito come tale. Molti russi non lo riconoscono, e ciò è frutto di un lungo processo culturale e politico. Risorse significative sono state utilizzate per alimentare l’idea che la Russia non sia un impero coloniale, o che lo sia in modo particolare, non necessitando di decolonizzazione come altri paesi. Questa visione è sostenuta da governanti, propagandisti e persino alcuni critici del regime. L’imperialismo permea vari aspetti della società russa, da quelli più evidenti nei sostenitori della guerra all’Ucraina a forme più subdole tra “custodi della cultura russa”.

L’identità russa è profondamente legata all’eredità imperiale, rendendo ogni critica al colonialismo percepita come un attacco personale. La decolonizzazione evoca reazioni emotive prevedibili, poiché implica la necessità di ammettere una storia di colonizzazione. La narrativa storica è generalmente scritta dai vincitori, e la formazione della conoscenza è influenzata dalle strutture di potere, rendendo la questione epistemologica parte delle pratiche coloniali. La Russia ha storicamente imposto il proprio dominio, annettendo nei secoli popoli e culture, attraverso politiche di violenza e repressione.

La situazione attuale dell’aggressione contro l’Ucraina evidenzia tensioni più ampie, con diverse pressioni che zero in merito alla colonizzazione. Mentre alcuni vedono il conflitto come una divisione interna tra sostenitori e oppositori del regime, altri, come ucraini e rappresentanti di diversi popoli della Federazione Russa, riconoscono un contesto storico di colonizzazione e russificazione. La violenza e la repressione che ha caratterizzato tanto le colonie quanto la metropoli stessa contribuiscono a un ciclo di aggressione e vulnerabilità, in cui le vittime e gli aggressori si intersecano, complicando il tessuto sociale e storico.

Le pratiche coloniali non solo generano violenza fisica, ma creano anche un ambiente in cui la misoginia e la xenofobia prosperano, legandosi all’imperialismo. Anche la negazione del colonialismo unisce diverse correnti, dall’opposizione al regime all’ala pro-Putin, rivelando come il nazionalismo russo affondi le radici nella storia collettiva. Le argomentazioni contro la decolonizzazione spesso minimizzano l’importanza di riconoscere la storia delle popolazioni indigene e la violenza coloniale che hanno subito. Questo porta a una reazione tra russi che, sentendosi rappresentati da un’unica narrativa, sottraggono importanza alle esperienze di chi è stato oppresso.

La difficoltà di affrontare il colonialismo russo viene spesso acuita dalle difese che spostano il focus su colonialismi altrui, allontanando la responsabilità. Il fenomeno del whataboutism e la retorica che riduce il colonialismo a particolarità storica diventano strategie per giustificare l’ignoranza e mantenere il mito della grandezza russa. Gli argomenti di opposizione spesso si basano su illusioni di eccezionalità, affermando che la Russia non può essere considerata un impero coloniale, e diventano espedienti per evitare un’analisi critica della propria storia.

Un passo significativo verso una maggiore consapevolezza è la risoluzione sull’auto-colonizzazione e i diritti delle popolazioni indigene adottata nel 2024. Essa mette in evidenza l’esistenza di una colonizzazione sistematica, ponendo interrogativi sulla necessità di un cambiamento nella coscienza collettiva. Le argomentazioni a favore della decolonizzazione sollecitano una riflessione più profonda su come le strutture di potere abbiano plasmato la conoscenza e la cultura russe. Senza una riconsiderazione critica, il rischio è che le élite imperiali continuino a perpetuare il proprio dominio attraverso l’ignoranza storica e culturale.


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