Un futuro per i migranti.

Circa 24 secoli fa, precisamente durante il regno del re di Qin, si poneva la questione dell’immigrazione. Il manuale “Libro del signore di Shang” descrive strategie di governo autoritario fondamentali per l’unificazione, contrapponendo il “legismo” e l’umanesimo confuciano. Lodorato a Qin Shi Huangdi, l’immigrazione viene vista come una leva per rafforzare il potere e la prosperità.
Il capitolo “Incoraggiare l’immigrazione” sottolinea come lo stato di Qin, pur ottenendo vittorie militari, non riuscisse a sottomettere gli stati rivali a causa della scarsità di popolazione. La proposta è quindi quella di favorire l’arrivo di nuovi abitanti in un territorio prevalentemente vuoto, offrendo loro ciò che gli stati avversari non possono garantire: terre fertili e nuovi insediamenti.
La proposta non si limita a ricevere migranti, ma prevede incentivi, come esenzioni fiscali e assistenza all’insediamento. I nuovi arrivati avrebbero dovuto contribuire economicamente, rafforzando Qin sia dal punto di vista della produttività sia da quello militare.
Le migrazioni storiche non sono state esenti da critiche, portando talvolta a malcontento e ribellioni tra la popolazione autoctona e i nuovi arrivati. Tuttavia, la strategia di Qin ha catalizzato enormi movimenti interni, rafforzando così il potere centrato sull’imperatore.
Dopo la breve vita della dinastia Qin, il tema dell’immigrazione è riemerso in periodi successivi della storia cinese. Sotto differenti leadership, si sono aperti e chiusi i confini, stabilendo cicli di grande mobilità interna. Le trasformazioni in atto continuano a influenzare la società contemporanea.
Il dibattito sull’immigrazione è sempre attuale, con paralleli storici che riflettono le ambivalenze relative all’accoglienza e all’integrazione. Dalla Cina antica fino ai giorni nostri, emerge una questione fondamentale: l’abilità di una nazione di far fronte alle sfide senza rinunciare a ciò che la rende grande, in termini di diversità e opportunità.