«Mio padre aveva il busto di Mussolini, mia nonna ai comizi».
«Non credo all’uno vale uno: preferisco uno capace e vagamente truffaldino a una pippa onesta. Meloni? Ha imparato da Berlusconi. Schlein? Non l’ho vista, il Pd è un mistero»
Marco Dambrosio, classe 1965, è nato a Formia e cresciuto a Gaeta. Sin da giovane ha mostrato una grande passione per il disegno, creando schizzi e caricature, fino a che uno di questi fu richiesto da Sergio Mattarella. Sotto il nome di Makkox, è un autore e cartoonist con un vasto curriculum che include blog e programmi televisivi.
Insieme a Valerio Aprea ha scritto un libro che raccoglie 34 monologhi nati in TV dal 2020 e poi tradotti in forma cartacea. Il libro, pur divertente, offre anche una riflessione più profonda sulle attualità. È descritto come una sorta di anti Marcovaldo, mescolando surrealismo e didascalia, con tocchi di ironia e populismo.
Come nasce questo libro?
«Il lavoro comincia ai tempi del Covid. C’era voglia di fare qualcosa di diverso dalla solita satira politica, quindi è nato un impegno di cinque anni, molto divertente. Da necessità a passione, abbiamo creato qualcosa di vero».
Perché il nome Makkox?
«Non cercate riferimenti culturali. Ho digitato ‘Marco.Tiscali’ e l’algoritmo mi ha dato ‘Makkox’ come alternativa».
Com’era vivere a Gaeta per un ragazzo?
«Un posto fortunato, sempre mare e un’atmosfera positiva. Negli Anni 80 c’era lavoro, discoteche e turismo, ma da ragazzo non ero molto interessato alla politica».
Eppure, la politica era presente anche in casa.
«Mio padre aveva un busto di Mussolini e mia nonna mi portava ai comizi di Almirante, ma queste esperienze non hanno creato un imprinting politico. Credo nella competenza e nella professionalità, all’uno vale uno non ci credo».
La rabbia è un sentimento diffuso.
«È presente anche tra i giovani benestanti. La mancanza di soldi è un motore potente e si traduce in risentimento verso vari gruppi».
Perché in Italia si buttano via i talenti?
«Credo che la scarsa curiosità e la poca propensione al rischio giocano un ruolo importante. Si punta sui talent show e si evita di investire nei giovani».
Cosa pensa di Giorgia Meloni?
«È popolare e sa comunicare, ma i risultati sono discutibili. I suoi collaboratori sono discutibili, ma possono essere uno stimolo per i giovani».
Elly Schlein.
«Non ho commenti da fare, non l’ho proprio vista».
Giuseppe Conte.
«È un caso curioso, passa da Salvini a Che Guevara. Si è preso il partito e i suoi lo guardano con una sorta di fede».
Nel libro ci sono due monologhi sull’astensione. Vota ai referendum?
«Sì, voto a tutto e mi lamento dopo della scelta. Se ti astieni non hai diritto di parola».
Donald Trump.
«Qualunque assurdità pronunci, i suoi dicono di sì senza riserve».
È credente?
«Credo in una proiezione globale dell’umanità, ma non in qualcosa di trascendente. Vedo però molte persone fare del bene».
Meglio Roma o Milano?
«Roma è bella, ma Milano è più adatta a me. Attualmente vivo in un paesino della Toscana».
Un desiderio.
«Continuare a lavorare con Valerio».