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«L’assassino non è Stasi, ma un sicario» chiarisce l’avvocato.

Massimo Lovati: «Si tratta solo di una consulenza di parte, la farò valutare dai miei». Lotta dura senza paura? «Frase sfuggita». «Non mi piace come viene condotta l’indagine, ho 73 anni, i pm mi mancano di rispetto»

L’impronta di Sempio sul muro?
«Ha scarsissima valenza».

Il dna sulle unghie di Chiara?
«Idem».

Il falso alibi dello scontrino del parcheggio?
«Nessuna falsità».

Quegli strani post del suo cliente su Stasi?
«Irrilevanti».

Cosa pensa dei pm?
«Sono i miei avversari».

Battagliero, schietto e decisamente sintetico, l’avvocato Massimo Lovati sbuffa spesso. A difendere Andrea Sempio, con la più giovane collega Angela Taccia, c’è anche lui: il decano dei penalisti di Vigevano con mezzo secolo di professione alle spalle, omicidi, rapine, furti, truffe, bancarotte. «Mai colletti bianchi, non amo i politici». Garlasco è il suo cold case: «A 73 anni mi sono preso a cuore l’assurda vicenda di questo giovane innocente che vorrei salvare».

Partiamo dall’impronta che ha dato la svolta al caso. Perché non ha valore?
«Perché loro non sono gli oracoli di Delfi. Sono solo dei consulenti di parte».

Si tratta del comandante della sezione impronte del Ris di Roma e di uno dei massimi esperti in materia, non proprio gli ultimi arrivati
«Per carità, gente qualificata ma sempre di parte. Non li conosco, ma io adesso avrò i miei e direi di aspettare. Ho già chiesto al generale Garofano di aiutarmi a trovarli. Loro dicono, ma devono anche spiegare perché lo dicono, come ci sono arrivati».

L’hanno spiegato: i 15 punti coincidenti…
«Vedremo, fossero la santissima Trinità con un’opera di fede potremmo anche crederci, ma non lo sono».

Lei sembra arrabbiato. Con chi ce l’ha?
«Io sono arrabbiato. Mi dà fastidio che diano per scontate cose che non lo sono. La notizia doveva essere data in un altro modo. Dovevano dire: i consulenti della procura hanno pensato che ci sono delle corrispondenze fra i reperti e le impronte di Sempio».

Se però quella è l’impronta di Sempio…
«Fermo, siamo già fuori campo. Quella non è l’impronta di Sempio, io contesto che lo sia. Contesto radicalmente la consulenza come ho già contestato quella del dna. Possono metterci anche Gesù Cristo e io lo contesto perché sono come San Tommaso, per credere devo vedere. Le nuove tecniche che vedono quello che non si vedeva prima, sarà».

Sarebbe un indizio forte, non crede?
«Io non ragiono al condizionale, perché devo pensare che siano di Sempio quando non è dimostrato? Facciano un altro incidente probatorio così il giudice nominerà un perito super partes e, nel contraddittorio delle parti, ne sapremo di più».

Perché Sempio non è andato all’interrogatorio?
«Mancava un requisito formale. Ma è stato un bene che non sia andato, così almeno hanno svelato quello che dovevano svelare. Se si presentava lo prendevano alla sprovvista e magari gli facevano delle domande suggestive».

Vede un tranello?
«Non dimentichiamoci che la Procura è il mio avversario, non è il mio amico. Io non ne ho di amici, io faccio la difesa, loro l’accusa. Le parti sono due, io non vado da loro».

Il giorno dell’interrogatorio la sua collega ha scritto «guerra dura senza paura». Cosa ne pensa?
«E quante ne dite voi per fare spettacolo? Questo è un circo. State facendo il processo alla mia giovane collega, poverina, perché ha scritto una frase che non sta né in cielo né in terra e in questo avete ragione. Le è sfuggita».

Perché critica così aspramente gli inquirenti? Non è controproducente?
«Non mi piace il modo con cui viene condotta l’indagine. Io ho 73 anni e mi devono portare rispetto. Non ho gradito quando hanno formulato il capo d’imputazione, un atto ondivago che non permette una difesa efficace e specifica. Non ho gradito quando hanno convocato il cliente per rifare le impronte senza avvertirmi. Non ho gradito quando hanno fatto domande suggestive alla mamma di Sempio».

A fare impronte c’era comunque la sua collega.
«Io non sono stato avvertito, i difensori sono due. Come si permettono? È una presa in giro».

Cosa dice degli strani post di Sempio? Lui pubblica l’agnello sacrificale nel giorno della condanna di Stasi…
«Sono cose insignificanti, ultronee, depistanti».

Lo scontrino come alibi non è un boomerang?
«Io stesso ne ho trovato uno di un’altra data a casa Sempio. Significa forse che anche quel giorno è successo un altro fatto? O significa piuttosto che tengono gli scontrini?».

Ci sarà un processo?
«Io voglio un decreto di archiviazione, non un processo. Farò di tutto per ottenerlo, l’ennesimo».

Come vede queste cose che escono sulle cugine, i rapporti con Chiara…
«Fumo negli occhi».

Il martello?
«Fumo negli occhi».

Chi è l’assassino?
«Io un’idea ce l’ho ma non la dico perché non è suffragata né da fonti di prova né da indizi».

Stasi?
«Non è lui e non è Sempio. Per me è stato un sicario».

Ha un’idea anche sul mandante?
«Sì, ma me la tengo».


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