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Garlasco, naufragio del sistema giudiziario.

È fondamentale che la colpevolezza di Alberto Stasi sia confermata anche attraverso questo nuovo processo. In caso contrario, se risultasse innocente, si registrerebbe un grave colpo al sistema giudiziario. In un contesto di normalità, dovrebbero scattare licenziamenti, in particolare per i giudici che hanno condannato Stasi nel 2015, dopo un lungo iter di otto anni. Già di per sé, una durata così estesa è inaccettabile. Se è innocente, otto anni trascorsi a difendersi da un’accusa di omicidio rappresentano una devastazione inaccettabile. Questo percorso processuale è stato spesso caratterizzato da assoluzioni, mentre la Cassazione ha rilevato le difficoltà di arrivare a una conclusione coerente e ragionevole. Il principio del ragionevole dubbio implica che, in presenza di anche il minimo dubbio, l’imputato deve essere assolto.

Nonostante ciò, è stata emessa una condanna nel 2014, con successiva conferma da parte della Suprema Corte nel 2015. Se emergesse che anche questi ultimi giudici hanno commesso errori, significherebbe che gli inquirenti e gli organi investigativi hanno fallito nel loro compito. Anche per loro dovrebbe essere previsto il licenziamento, non solo per aver potenzialmente rovinato la vita di un innocente, ma perché rappresentano un rischio per la sicurezza dei cittadini e per il corretto funzionamento della giustizia.

Immaginiamo poi una sala operatoria in cui i chirurghi danneggiano gravemente un paziente per incompetenza. Quanti altri pazienti si affiderebbero a quell’equipe? Seppure mantenuti in carica per una protezione indiscriminata del lavoro, non dovrebbero avere spazio per continuare a esercitare. Una riforma che rendesse trasparenti i risultati delle operazioni porterebbe a una selezione necessaria per migliorare il sistema giudiziario.


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