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Dubbi sul “ragionevole dubbio” nella condanna a Stasi.

Il giovane era stato processato e assolto “per non aver commesso il fatto”, due volte. Poi si è registrata una condanna della Cassazione, in cui la Procura non sosteneva l’accusa ma chiedeva un altro annullamento. Infine, si è proceduto alla riapertura dell’indagine, evidenziando contraddizioni insuperabili.

Non conoscendo i dettagli del delitto di Garlasco e avendo letto per la prima volta un riepilogo, avrei motivo di starmene in silenzio, tranne per il principio secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell’imputato. Questo concetto è tratto dalla giurisprudenza e sottolinea l’importanza della “certezza assoluta”, che trova riscontro nell’importazione della locuzione “oltre ogni ragionevole dubbio”, basata sul principio della presunzione di innocenza e sulla valutazione della prova.

Il giovane era stato processato e assolto “per non aver commesso il fatto” in primo e secondo grado. La Cassazione annulla e rinvia a un nuovo processo, ordinando ulteriori esami, pur evidenziando l’impossibilità di arrivare a un verdetto coerente. Questo è già piuttosto singolare. Dopo di ciò, viene la condanna, seguita da una nuova Cassazione in cui la procura non sostiene l’accusa ma chiede un altro annullamento, portando a una conferma finale della condanna. “Definitiva”: qui si presenta un problema. Negli ultimi 18 anni, più volte la difesa ha chiesto la revisione del processo e ha fatto ricorso alla CEDU, che ha dichiarato irricevibile la richiesta. Fino alla riapertura dell’indagine, richiesta dalla stessa procura di Pavia.

Non sono in grado di esprimere un’opinione in merito alla colpevolezza o innocenza di Stasi o di altri coinvolti. Tuttavia, l’iter processuale solleva dubbi ragionevoli. Attualmente, una procura competente, con il supporto della Cassazione, riapre l’indagine, coinvolgendo un altro imputato e rivalutando prove e testimonianze, senza considerare le contraddizioni con una condanna “definitiva”. Se la nuova indagine non portasse a risultati, si potrebbe pensare che tale esito riporterebbe le cose al punto di partenza, confermando la condanna “definitiva”? La scelta dei magistrati di perseguire un’indagine alternativa non dimostra insuperabilmente l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla condanna di Stasi?


Le opinioni sulle motivazioni dei magistrati non tolgono nulla alla deduzione sul ragionevole dubbio. Anche le ambizioni dei magistrati richiedono un’adeguata motivazione.


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