Lupo Rattazzi: «Nessun complotto per Mattei, solo maltempo».
Il nipote di Gianni Agnelli: «Il carrello non fu sabotato. Io ho trovato il velivolo gemello»
«La storia dell’attentato che avrebbe ucciso il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, è una delle grandi mistificazioni affermatesi in Italia negli ultimi decenni». Uno studioso con una consolidata carriera nel settore aereo racconta di come Lupo Rattazzi ha conseguito la prima licenza di pilota all’età di 20 anni e ha avuto una lunga carriera, ricoprendo ruoli importanti nell’aviazione civile. Parla con passione della storia di Mattei, ricomposta come un mosaico.
Negli anni Settanta, Ferdinando Bignardi, uno dei comandanti della flotta Eni ai tempi di Mattei, ha condiviso informazioni sui fatti dell’epoca. Dopo l’incidente, Bignardi passò alla Fiat, dove divenne il pilota personale di Gianni Agnelli. Tre anni fa, Rattazzi ha ritrovato in Francia un aereo gemello a quello che precipitò con Mattei a bordo. Dopo un attento restauro, ha deciso di donarlo a Volandia, il Parco e Museo del Volo a Malpensa.
Cosa succede la sera del 27 ottobre 1962 a Bascapè, tra Pavia e Milano?
«L’aereo con Mattei decolla da Catania. Le previsioni meteo sono pessime, costringendo il comandante a modificare la rotta. Dal centro di controllo di Milano ricevono un bollettino allarmante: copertura totale del cielo a 150 metri, visibilità ridotta e piogge».
Bertuzzi decide di proseguire verso Linate nonostante le cattive condizioni. Quando l’aereo si avvicina alla destinazione, si trova in una posizione troppo alta. Durante la virata finale, l’aereo precipita.
L’aereo di Mattei era difficile da pilotare?
«Era un Morane-Saulnier, un jet rudimentale, privo di protezioni antighiaccio e radar meteorologico. Senza autopilota e in condizioni avverse, ogni errore diventa difficile da rimediare».
Ci furono due inchieste. La prima di tipo tecnico non trovò evidenze di esplosioni, escludendo un incidente aereo causato da sabotaggi. La Procura di Pavia arrivò a conclusioni simili, affermando che non vi erano tracce di schegge metalliche.
La situazione generò diverse teorie del complotto. «Ogni incidente aereo che coinvolge figure importanti alimenta voci di complotto, ma frequentemente si basa sulla mancanza di prove concrete».
Nel 1995 un magistrato riaprì l’inchiesta, suggerendo che a bordo ci fosse una carica esplosiva. Egli ipotizzò che fosse possibile che quel giorno fossero in volo entrambi gli aerei gemelli. Tuttavia, si sostenne che il secondo aereo fosse nelle vicinanze solo per essere sabotato.
Evidenze chiave
Rattazzi fornisce documenti che confermerebbero che l’aereo non era a Catania il giorno dell’incidente. I libretti di volo mostrano che Bignardi non pilotava il Morane-Saulnier quel giorno e non c’erano tracce del secondo aereo nell’aeroporto di Catania.
La vera intenzione di Rattazzi è ristabilire la verità dei fatti. Il complottismo è considerato una spiegazione semplice e sbagliata di eventi complessi, mentre il racconto di Bignardi sostiene che si trattò di un incidente.
Conclusione
Rattazzi afferma di voler chiarire la vicenda di Mattei per evitare le distorsioni della verità e per combattere la narrativa del complottismo, considerata una semplificazione inadeguata di una complessa realtà.