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Carenza di 65mila posti, dipendenti vogliono dimettersi.

Pochi e mal retribuiti, sottoposti a turni di lavoro estenuanti e spesso vittime di aggressioni in corsia: è così che oggi, in Italia, gli infermieri sono sempre meno. Ne mancano 65.000 e anche quelli già in servizio, spesso formati con lauree e master, stanno seriamente pensando di lasciare il lavoro.

Non è un quadro rassicurante quello che emerge in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere. In soli 9 mesi del 2024 si sono verificate circa 9.000 dimissioni volontarie, circa il 170% in più rispetto al 2023. La carenza di personale infermieristico diventa un problema significativo: in Italia ci sono 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media europea di 8,4 per mille abitanti.

Gli infermieri attualmente attivi in Italia sono circa 400.000, su 460.000 iscritti all’Ordine. Secondo i dati ufficiali, mancano 65.000 infermieri. Inoltre, si assiste a un aumento delle uscite dovute al pensionamento: dal 2023 al 2033 si prevedono circa 110.000 uscite. Circa il 45% degli infermieri ha intenzione di lasciare o cambiare lavoro.

Tra le motivazioni, anche gli stipendi troppo bassi: «Siamo poveri certificati, lavoratori fragili, stremati, eppure teniamo in piedi gli ospedali». Oltre il 70% dei professionisti è costretto a indebitarsi per arrivare a fine mese, senza contare le circa 130.000 aggressioni subite in un solo anno.

Si rischia una desertificazione in corsia. Con il progressivo invecchiamento della popolazione, la domanda di salute è cambiata. L’infermiere di famiglia e di comunità può svolgere un ruolo cruciale. È necessario prevedere prospettive di carriera per rendere la professione più attrattiva. Attualmente, gli infermieri in arrivo sono soprattutto stranieri: al 30 aprile 2025, ci sono 43.600 infermieri stranieri presenti in Italia, di cui 26.600 iscritti all’albo professionale, un incremento del 47,3% dal 2020.


Ultimo aggiornamento: martedì 13 maggio 2025, 05:00

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