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Milano, ultime foto della donna uccisa al parco.

Nel pomeriggio di domenica 11 maggio, un detenuto in permesso al carcere di Bollate si è suicidato lanciandosi dalle terrazze del Duomo di Milano, dopo aver accoltellato gravemente un collega il giorno precedente. Il detenuto, già condannato per omicidio, aveva ottenuto il permesso per motivi di lavoro. Si è scoperto che, un giorno prima, potrebbe essere stato coinvolto in un altro omicidio, quello di una collega, il cui corpo è stato ritrovato successivamente in un parco. Le immagini delle telecamere hanno documentato i loro ultimi momenti insieme, rivelando una relazione piuttosto intima tra i due. La questione riguardante il permesso di lavoro del detenuto è ora sotto esame ministeriale.

La camminata a Parco Nord

La vittima, originaria dello Sri Lanka, lavorava nello stesso hotel del collega accoltellato. Le ultime immagini la ritraggono mentre cammina nel Parco Nord, accanto al detenuto, durante una pioggia. Era vestita con jeans, gli stessi che indossava al momento della scoperta del suo corpo, trovato a un chilometro di distanza. Presentava ferite da taglio alla gola e lesioni ai polsi.

Il cellulare della donna

Si ritiene che il detenuto abbia utilizzato il cellulare della donna dopo averla uccisa. Intorno alle 17, avrebbe contattato la madre, rivelando un rapporto stretto tra loro. Il cellulare è stato rinvenuto da un addetto alla pulizia in una stazione della metropolitana vicino al luogo dell’omicidio.

Il primo omicidio e il carcere di Bollate

La vittima è la seconda donna uccisa dal detenuto, il quale aveva già un precedente omicidio nel suo passato. Nel 2016 il suo nome emerse per la prima volta in un’inchiesta, e fu catturato in Germania dopo una fuga di due anni. Essendo stato condannato a una pena di 14 anni e tre mesi, nel 2021 fu trasferito a Bollate, dove ebbe l’opportunità di lavorare all’esterno.

La polemica sul permesso di lavoro

Dopo l’accaduto, è emersa una polemica attorno all’opportunità di concedere al detenuto il permesso di lavorare all’esterno. Secondo il suo avvocato, il permesso era stato giustificato da un percorso ritenuto positivo, con valutazioni effettuate da esperti del carcere. Il legale ha affermato di non aver mai previsto simili sviluppi e di non aver immaginato che il detenuto potesse infrangere le regole.


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