Storia

Manipolazione del passato come prova di tirannia.

Definire nazista un Paese, una nazione o un leader politico è un espediente retorico molto comune nel dibattito politico. Viene utilizzato per screditare l’avversario e rafforzare l’immagine di chi lo utilizza come difensore della democrazia.

Questo è il tentativo intrapreso da chi, dall’inizio della sua operazione militare, ha scelto di non chiamarla con il proprio nome, ossia aggressione. Non solo ha mascherato la sua offensiva militare contro un Paese vicino, violando le norme internazionali, ma ha anche conferito una sorta di autorità morale alla sua aggressione, specialmente durante i festeggiamenti per una vittoria storica contro il nazismo. Ha trasformato una celebrazione in un impegno costante a combattere quello che percepisce come un persistere del nazismo, identificando la capitale ucraina come un avamposto di questo male.

La manipolazione del passato per scopi propagandistici suscita incredulità in chi non è accecato da pregudizi politici. Solo un’opinione pubblica come quella russa, influenzata da media e istituzioni asserviti, può credere a tali imposture.

Ogni regime, partito o sostenitore di un nuovo corso politico tende a riscrivere il passato a proprio favore. Sebbene l’uso politico della storia non debba stupire, esistono limiti. Ci sono modi tollerabili di farlo e forme di manipolazione inaccettabili.

Assistiamo a due realtà opposte: una in cui vi è un regime che, pur con limiti, rispetta i principi democratici, e l’altra in cui il potere è concentrato in un singolo individuo da decenni, con media e istituzioni totalmente subordinati. Gli oppositori sono perseguitati o eliminati, mentre si investe ingenti risorse in armamenti e si adotta una politica estera aggressiva. Questa manipolazione spudorata della storia è prova della natura oppressiva di chi la attua.


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